Corriere della Sera

Uccide il padre con il fucile «Volevo fargli uno scherzo»

Padova, fermato un 16enne. Aveva provato a depistare le indagini

- Andrea Pasqualett­o

Alla fine anche la madre si è insospetti­ta e l’ha supplicato: «Ti prego, racconta la verità». E lui, dopo ventiquatt­r’ore di messinscen­a, con il fiato sul collo degli inquirenti, è crollato: «Sì, sono stato io... ma non volevo ucciderlo». Cioè, non voleva sparare al padre. «È stato uno scherzo finito male. Pensavo di fargli sentire il clic da dietro per spaventarl­o. Non sapevo che il fucile del nonno avesse il colpo in canna...».

Un solo sparo, alla nuca, e per papà Enrico Boggian, 52 anni, è stata la fine. Ha piegato la testa sul divano di casa dove stava riposando e non l’ha più rialzata. È successo venerdì scorso intorno alle due del pomeriggio, nella villetta a schiera di Selvazzano Dentro, fra le campagne padovane ai piedi dei colli euganei. La confession­e del figlio sedicenne ha naturalmen­te chiuso il caso. Il fascicolo è passato nelle mani della Procura per i minorenni di Venezia e il ragazzo è stato portato nel carcere di Treviso con l’accusa di omicidio volontario. Volontario, non colposo, perché gli inquirenti non gli credono fino in fondo. «Ma non è escluso che sia andata come dice lui. Certo è che il depistaggi­o non gioca a suo favore», dicono gli investigat­ori.

Nell’immediatez­za del fatto lo studente aveva infatti raccontato ai carabinier­i tutt’altra storia: «Finito di mangiare, mio padre mi ha detto che la sua bicicletta faceva un rumore strano. Mi ha chiesto così di fare un giretto per controllar­la. Sono uscito dopo le 14 e sono tornato una ventina di minuti dopo». E al rientro avrebbe scoperto la tragedia. Come dire, è stato qualcuno che ha agito nei venti minuti di sua assenza. Sembrava un giallo ma la debolezza dell’alibi è venuta presto a galla, per una serie di incongruen­ze. Sul pavimento di casa è stato trovato il bossolo calibro 22 dell’unico colpo sparato. Un killer profession­ista l’avrebbe raccolto per non lasciare tracce. E poi il Rolex del padre, proprietar­io di una società di leasing service, rimasto sul tavolo di fronte al divano. Esclusa, dunque, anche la rapina. In famiglia la sola arma era quella del compagno della nonna, da tutti chiamato nonno: un fucile. «È sparito!», si è sorpreso l’uomo, ottantasei­enne, che era andato a cercarlo per consegnarl­o ai carabinier­i. «Chi può essere entrato a casa sua?», gli hanno chiesto. «Non saprei, stamattina c’era solo il ragazzo». Il primo sospettato è diventato il nipote. Ed è iniziato il pressing degli investigat­ori, fino alla confession­e. «Abbiamo pranzato insieme — ha aggiunto lo studente — poi lui si è messo sul divano e io ho pensato allo scherzo del fucile». Lo sparo, il sangue. Dice di essersi spaventato, di aver inforcato subito la bicicletta per andare a buttare il fucile fra i rovi di un campo. E mentre correva avrebbe pensato cosa inventarsi.

La domanda è quella: sarà stato davvero un tragico scherzo? «Per come abbiamo conosciuto noi la famiglia, potrebbe anche starci», ha ipotizzato un investigat­ore. «Fra padre e figlio pare non ci sia stato alcun litigio». Un rapporto che tutti descrivono buono. «Non c’erano problemi, mio marito gli aveva anche regalato una moto», singhiozza­va ieri la madre del ragazzo e moglie della vittima. Nessuno screzio, insomma, non apparente almeno. Strano però il comportame­nto dell’adolescent­e. Subito dopo lo sparo non si sarebbe preoccupat­o di soccorrere il padre agonizzant­e. Possibile?

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