Uccide il padre con il fucile «Volevo fargli uno scherzo»
Padova, fermato un 16enne. Aveva provato a depistare le indagini
Alla fine anche la madre si è insospettita e l’ha supplicato: «Ti prego, racconta la verità». E lui, dopo ventiquattr’ore di messinscena, con il fiato sul collo degli inquirenti, è crollato: «Sì, sono stato io... ma non volevo ucciderlo». Cioè, non voleva sparare al padre. «È stato uno scherzo finito male. Pensavo di fargli sentire il clic da dietro per spaventarlo. Non sapevo che il fucile del nonno avesse il colpo in canna...».
Un solo sparo, alla nuca, e per papà Enrico Boggian, 52 anni, è stata la fine. Ha piegato la testa sul divano di casa dove stava riposando e non l’ha più rialzata. È successo venerdì scorso intorno alle due del pomeriggio, nella villetta a schiera di Selvazzano Dentro, fra le campagne padovane ai piedi dei colli euganei. La confessione del figlio sedicenne ha naturalmente chiuso il caso. Il fascicolo è passato nelle mani della Procura per i minorenni di Venezia e il ragazzo è stato portato nel carcere di Treviso con l’accusa di omicidio volontario. Volontario, non colposo, perché gli inquirenti non gli credono fino in fondo. «Ma non è escluso che sia andata come dice lui. Certo è che il depistaggio non gioca a suo favore», dicono gli investigatori.
Nell’immediatezza del fatto lo studente aveva infatti raccontato ai carabinieri tutt’altra storia: «Finito di mangiare, mio padre mi ha detto che la sua bicicletta faceva un rumore strano. Mi ha chiesto così di fare un giretto per controllarla. Sono uscito dopo le 14 e sono tornato una ventina di minuti dopo». E al rientro avrebbe scoperto la tragedia. Come dire, è stato qualcuno che ha agito nei venti minuti di sua assenza. Sembrava un giallo ma la debolezza dell’alibi è venuta presto a galla, per una serie di incongruenze. Sul pavimento di casa è stato trovato il bossolo calibro 22 dell’unico colpo sparato. Un killer professionista l’avrebbe raccolto per non lasciare tracce. E poi il Rolex del padre, proprietario di una società di leasing service, rimasto sul tavolo di fronte al divano. Esclusa, dunque, anche la rapina. In famiglia la sola arma era quella del compagno della nonna, da tutti chiamato nonno: un fucile. «È sparito!», si è sorpreso l’uomo, ottantaseienne, che era andato a cercarlo per consegnarlo ai carabinieri. «Chi può essere entrato a casa sua?», gli hanno chiesto. «Non saprei, stamattina c’era solo il ragazzo». Il primo sospettato è diventato il nipote. Ed è iniziato il pressing degli investigatori, fino alla confessione. «Abbiamo pranzato insieme — ha aggiunto lo studente — poi lui si è messo sul divano e io ho pensato allo scherzo del fucile». Lo sparo, il sangue. Dice di essersi spaventato, di aver inforcato subito la bicicletta per andare a buttare il fucile fra i rovi di un campo. E mentre correva avrebbe pensato cosa inventarsi.
La domanda è quella: sarà stato davvero un tragico scherzo? «Per come abbiamo conosciuto noi la famiglia, potrebbe anche starci», ha ipotizzato un investigatore. «Fra padre e figlio pare non ci sia stato alcun litigio». Un rapporto che tutti descrivono buono. «Non c’erano problemi, mio marito gli aveva anche regalato una moto», singhiozzava ieri la madre del ragazzo e moglie della vittima. Nessuno screzio, insomma, non apparente almeno. Strano però il comportamento dell’adolescente. Subito dopo lo sparo non si sarebbe preoccupato di soccorrere il padre agonizzante. Possibile?