Il record va alle donne italiane: sono 45 sulle 134 del mondo Ma il pubblico le conosce poco «Il genere conta anche in cucina Si è imposto un modello maschile fatto di gerarchie quasi militari»
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di Alessandra Dal Monte
Sei chef su dieci si sentono poco riconosciute nel loro lavoro. Cinque su dieci hanno difficoltà a trovare finanziamenti per un’attività in proprio se non sono accompagnate da un uomo. Sette su dieci pensano di aprire un ristorante con amici o familiari per avere una rete di protezione. E perché nessun altro investitore le cerca.
Dal primo studio sulla «cucina di genere» condotto in Italia emerge una situazione sconfortante per le donne che lavorano nell’alta ristorazione. Eppure nel settore il talento femminile non manca: le chef stellate sono 45, ancora poche rispetto ai 298 uomini premiati dalla guida Michelin 2017, ma moltissime se si guarda il totale nel mondo (134). Che cosa succede? «Semplice: che siamo invisibili». Isa Mazzocchi, 49 anni e una stella al «La Palta», nel Piacentino, lo dice chiaro nel video di lancio del primo premio assegnato da Michelin e Veuve Clicquot alla miglior chef donna dell’anno. La vincitrice, la 29enne calabrese Caterina Ceraudo, è bravissima, ambiziosa e anche imprenditrice; ha risollevato il ristorante dell’agriturismo di famiglia, ma per farlo ha usato l’unico modo che conosce, come lei stessa racconta: «In cucina mi indurisco per gestire l’ansia».
I temi sono due: la scarsa visibilità della maggior parte delle chef donne — fanno eccezione le tristellate Nadia Santini e Annie Féolde, monumenti della ristorazione nazionale, e poche altre — e la predominanza del modello maschile della gestione della cucina.