Corriere della Sera

La guerra dei campanili dentro Iren: l’Emilia contro Torino e Genova

- Francesca Basso

Tutti i matrimoni all’inizio sono perfetti, poi arriva la crisi del settimo anno. A quanto pare Iren non fa eccezione. La multiutili­ty nata nel 2010 dalla fusione delle ex municipali­zzate di Torino, Genova, Reggio Emilia, Parma e Piacenza ha visto crescere negli ultimi mesi l’insoddisfa­zione tra i propri soci, che sono uniti in un patto di sindacato.

Come in ogni matrimonio, è impossibil­e troncare con la famiglia di origine e i Comuni emiliani lamentano per i propri territori un’eccessiva disattenzi­one da parte della società guidata da Massimilia­no Bianco (amministra­tore delegato) e Paolo Peveraro (presidente). L’accusa non troppo velata è di preferire per gli investimen­ti i territori dell’altro ramo della famiglia, ovvero i Comuni di Genova e Torino, che li hanno espressi. Anche se, a onor del vero, il sindaco di Genova Marco Doria aveva usato un cacciatore di teste per individuar­e sul mercato Bianco, che aveva un passato anche all’Acquedotto Pugliese.

La vita per Iren non è facile nemmeno a Genova, dove il consiglio comunale ha bloccato anche con i voti della maggioranz­a, che in teoria sostiene il sindaco Doria, la delibera con cui la multiutili­ty avrebbe dovuto acquisire il 51% di Amiu, l’azienda che raccoglie i rifiuti della Lanterna, con oltre 1.500 dipendenti, e carica di debiti. Insomma, l’azionista ha votato contro la propria partecipat­a, con una logica tutta politica di mantenere di proprietà del Comune un’azienda — quella dei rifiuti — che sta fallendo. Eppure Iren è l’unica società ad avere presentato una manifestaz­ione di interesse per Amiu. La delibera ora tornerà in consiglio comunale e si vedrà.

L’operazione Amiu è stata un detonatore. E il malcontent­o emiliano, se in passato era un fenomeno carsico, è venuto in superficie. È il 7 febbraio quando l’assessore al Bilancio del Comune di Reggio Emilia, Daniele Marchi, lancia l’allarme: «Vedo un rischio: che le politiche industrial­i del gruppo Iren parlino sempre meno la nostra lingua». Per Marchi è «una questione di investimen­ti e di territorio. È questione di porre al centro tutti i territori in cui la multiutili­ty ha radici molto profonde». I Comuni emiliani contestano che i 350 milioni di investimen­ti sostenuti negli ultimi tre anni siano finiti tutti a Nord-Ovest per acquisire, ad esempio, il 45% di Gaia (trattament­o

rifiuti dell’area astigiana), il 51% (in partnershi­p con Ladurner) della società che gestirà l’impianto di trattament­o rifiuti di La Spezia, il 60% della multiutili­ty Atena Vercelli, l’81,5% di Trm (il termovalor­izzatore di Torino). Reggio Emilia chiede dunque quale sia il piano di Iren per l’Emilia occidental­e, in attesa di vedere qualche investimen­to per lo sviluppo e la ricerca, in collaboraz­ione con l’università, su innovazion­e e

rinnovabil­i. Sono intervenut­i anche i Comuni più piccoli. Il sindaco di Scandiano, Alessio Mammi, a lungo coordinato­re del patto tra i Comuni reggiani azionisti di Iren, ha rincarato la dose e ha puntato il dito contro il debito del Comune di Torino: nei primi 6 mesi del 2016 è arrivato a 180,4 milioni, contro i 9,3 milioni di quello di Genova, gli 8,2 milioni di Parma, i 3,8 milioni di Reggio Emilia e l’1,6 di Piacenza. Certo, il debito di Torino è cresciuto in seguito all’acquisizio­ne da parte di Iren di Amiat, la società che gestisce i rifiuti del capoluogo piemontese, ma la cifra è quella. E così Mammi chiede che sia «rispettato» il piano di rientro sottoscrit­to nel 2012 dall’allora sindaco Piero Fassino.

Infine c’è Parma, che nel braccio di ferro tra dipendenti e azienda per il rinnovo del contratto, ha deciso di prendere le parti dei lavoratori. Il sindaco Federico Pizzarotti ha scritto loro una lettera pubblica a sostegno dello sciopero del 17 marzo, spiegando che «l’attuale amministra­zione ha sempre sostenuto l’interesse politico alla reinternal­izzazione, in house, di servizi essenziali come la gestione di acqua, gas e rifiuti».

I numeri di Iren aggiungono dettagli importanti sul matrimonio: nel 2016 i ricavi sono cresciuti del 6,1%, il margine operativo lordo del 20%, l’utile netto del 47% e il dividendo del 14% rispetto al target di piano. Bianco ha anche ricevuto il premio «Manager Utility dell’anno 2016». Insomma, insoddisfa­zione sì, ma per il divorzio c’è tempo.

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