Corriere della Sera

Giovinazzi abile e arruolato «Credevo fosse uno scherzo»

Wehrlein non ce la fa, l’italiano subito al volante della Sauber

- Flavio Vanetti

DAL NOSTRO INVIATO

Credeva fosse uno scherzo. Ma non lo era. «La telefonata era vera. Anzi, due telefonate: della Ferrari e del manager». Così in una calda mattinata dell’autunno australian­o Antonio «Bon Giovi» Giovinazzi s’è trovato paracaduta­to sulla Sauber al posto di Pascal Wehrlein, che si è dichiarato «not fit to race» per i postumi di un incidente avvenuto in gennaio a Miami, e ha voltato una pagina nera che si leggeva dal 27 novembre 2011. Quel giorno, in Brasile, si concluse la carriera in F1 di Jarno Trulli e di Vitantonio Liuzzi: nel circus non si sono mai più visti piloti italiani titolari. Estinti come animali rari.

Ora invece la conservazi­one della specie è affidata al ragazzo di 23 anni di Martina Franca, per un soffio mancato campione della Gp2 nel 2016. Il tedesco delle piste — tedesco perché è un perfezioni­sta —

(al. p.) Piove di tutto la notte di venerdì e poi, dopo breve pausa, l’intera mattina di ieri. La pista si allaga perché il drenaggio non esiste e non si capisce perché, visto che già nel 2009, causa acqua, la gara di MotoGp fu rinviata al lunedì. Nessuno riesce ad asciugare i punti critici. Morale: qualifiche annullate, la griglia delle gare di oggi si forma con i tempi delle prove già fatte. Dunque, in pole c’è Viñales (foto) davanti a Iannone e Marquez. In 2ª fila Dovizioso è fra Zarco e Redding. Rossi e Lorenzo remeranno dalla era arrivato in Australia con la divisa rossa della Ferrari, della quale è terzo pilota, e in due giorni s’è visto addosso quella blu della Sauber, che aveva già guidato nei test di Barcellona. Debuttante Antonio Giovinazzi sale a bordo della sua Sauber (Colombo) quarta fila: speravano di rimontare con le qualifiche, ma non polemizzan­o. «La sicurezza è la prima cosa», dicono i piloti in coro. L’incognita comunque resta: in programma c’è un warm up allungato da 20’ a 30’, poi le tre gare secondo agenda. Le previsioni però danno pioggia anche stamane: si asciugherà la pista? «Una cosa è certa — dice Loris Capirossi, uno dei direttori di corsa — sul bagnato non si può correre né di giorno né di notte». Il rischio di un altro rinvio non è così remoto. Ma l’esordio in F1 lo sognava in rosso o in blu? «L’importante è che sia arrivato. Rimango il terzo pilota della Ferrari, però tutto serve a fare esperienza: è un giorno per me indimentic­abile». Esperienza? Pareva un veterano, se non fosse stato per due frenate lunghe e per una sbavatura fatale nell’ultimo tentativo: nonostante nel P3 abbia potuto provare solo per un’ora e per una decina di giri, in qualifica ha rischiato di entrare nel Q2 fino a pochi secondi dal termine della prima sessione, l’attimo fuggente catturato dal compagno di squadra Ericsson, vicino a una figuraccia che comunque non ha risparmiat­o Magnussen, Vandoorne, Stroll e Palmer, quelli bruciati da Antonio. «Sono contento di aver riportato l’Italia in F1», afferma mentre dall’altra parte del mondo gli arrivano i compliment­i proprio di Liuzzi («Stia concentrat­o, se la goda e si diverta: è solo l’inizio») e di Trulli: «Era ora che ce ne fosse un altro di noi. Giovinazzi non ha bisogno di consigli: è veloce e si merita una chance».

Va così a compimento la storia di un nonno e di un papà che hanno indirizzat­o «Bon Giovi» alle corse, di Puffo, «il primo kart che guidavo a 3 anni e che è ancora lì, in casa», e dell’amicizia con Sean Galeal (da tre giorni test driver della Toro Rosso), l’indonesian­o figlio del re del pollo fritto che l’ha aiutato nell’automobili­smo. Fossimo in Wehrlein non dormiremmo tranquilli, anche se il tedesco è nella manica della Mercedes. «Ma Antonio ci ha impression­ato» è il commento di Monisha Kaltenborn, team principal della Sauber che ha affidato Giovinazzi all’ex fisioterap­ista di Ayrton Senna. Allora, hai visto mai che...? «Calma, il posto resta di Patrick. Quest’anno in linea di massima rimarrò a lavorare a Maranello con Vettel e Raikkonen, a capire come parlano, come si muovono, come sistemano la macchina». Nella sua testa — assicura — non è entrata la paura. Solo un po’ di emozione «e la voglia di dimostrare qualcosa». Nel nome del padre, del Puffo e del pollo: una storia è cominciata e Antonio ha posato per la foto d’inizio Mondiale assieme ai piloti titolari. Diventerà un poster.

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