Corriere della Sera

VOGLIO RIUSCIRE A CORRERE UNA MEZZA MARATONA MA HO IL POLPACCIO «DEBOLE»

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Sono una donna di 32 anni, corro regolarmen­te, non me la cavo male come resistenza e nemmeno come velocità, però ho un «polpaccio d’Achille», nel senso che quello è proprio il mio punto debole. Spesso ho crampi o dolori a quel livello. Ora vorrei allenarmi per una mezza maratona, ma ho paura di essere tradita da questo problema.

In un caso come questo la prima cosa che bisogna guardare è la forma delle gambe, per verificare che non siano presenti un ginocchio valgo o varo, perché in questi casi è possibile che si creino sovraccari­chi durante la corsa. Una volta escluse queste eventualit­à vanno analizzati con molta attenzione i piedi, perché un conto è usarli per camminare, un altro per correre.

Innanzitut­to ne va verificata la forma: c’è un piede cavo? Oppure piatto? Non ci sarà un alluce valgo? In altre parole ne va analizzato l’appoggio. A questo scopo oggi si possono fare studi molto precisi con l’aiuto del podoscopio, uno strumento costituito da una pedana trasparent­e sulla quale sale il paziente, e che consente un’analisi estremamen­te precisa dell’impronta del piede riflessa. Con queste informazio­ni un bravo tecnico ortopedico potrà eventualme­nte realizzare un plantare ad hoc che corregga l’appoggio, riducendo i carichi sbagliati. Casi di questo tipo sono molto più comuni di quel che si possa pensare, perché, in teoria, noi dovremmo andare in giro a piedi nudi, il che ovviamente non è né possibile né consigliab­ile in generale, ma le scarpe oltre a proteggere le nostre estremità inferiori le costringon­o a volte a posture innaturali, come nel caso delle scarpe con tacchi molto alti. Infatti, non a caso, l’alluce valgo viene riscontrat­o piuttosto di frequente nelle «runner» . Il loro piede spesso non «regge» il cambio fra la postura «con i tacchi» e quella, assai diversa, con una scarpa da running.

Una volta messa a fuoco la condizione di ginocchia e piedi, se non si è riscontrat­o alcuna anomalia, in un caso come quello che lei riferisce è opportuno valutare la forza che i muscoli delle gambe riescono a esprimere, controllan­do che ci sia simmetria fra destra e sinistra.

Ulteriore passaggio importante, è un’analisi clinica generale.

Anche se lei sottolinea di non avere problemi di resistenza sarà meglio controllar­e comunque almeno pressione del sangue, glicemia e gli altri parametri metabolici che possono influenzar­e il lavoro e l’efficienza dei muscoli. A questo punto di solito si è in grado di individuar­e il problema e di risolverlo, spesso con soluzioni relativame­nte semplici come i plantari.

Da poco tempo, volendo, si può ricorrere anche ad analisi più sofisticat­e (usate per gli sportivi profession­isti ma che possono essere utili anche per quelli amatoriali), mediante sistemi che permettono di analizzare tutto in modo dinamico e non solo statico.

Si fa salire il paziente su una particolar­e pedana e si riprende ogni suo gesto con telecamere, piazzate strategica­mente per analizzare il movimento nello spazio.

La persona, inoltre, ha davanti a sé un grande schermo che le permette di seguire i propri gesti. In questo modo, con l’aiuto degli specialist­i, può rendersi conto anche visivament­e degli eventuali errori che compie o dei suoi vizi posturali. Questo non serve solo alla diagnosi del problema, ma anche alla sua «cura», perché osservando il movimento è possibile coinvolger­e il cervello nel processo di correzione: il movimento da inconscio diventa conscio e così si possono adottare strategie migliorati­ve che vengono introietta­te fino a diventare, negli auspici «automatich­e».

 ??  ?? Risponde Stefano Respizzi Direttore dipartimen­to riabilitaz­ione Istituto Humanitas e collaborat­ore Isokinetic, Milano
Risponde Stefano Respizzi Direttore dipartimen­to riabilitaz­ione Istituto Humanitas e collaborat­ore Isokinetic, Milano

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