Corriere della Sera

Lo scandalo di San Marino

- Di Federico Fubini

Aumenti di capitale grazie a operazioni sospette, crediti per centinaia di milioni concessi in buona parte a residenti in Italia in plateale violazione di tutte le pratiche di corretta gestione di una banca: tassi d’interesse troppo bassi rispetto al rischio di insolvenza. E un buco da 400 milioni. L’esame sulla Cassa di San Marino promette di segnare uno spartiacqu­e per la repubblica del Titano e anche per i suoi rapporti con l’Italia. E ora parte l’operazione pulizia.

Aumenti di capitale grazie a operazioni sospette, senza le quali la banca non avrebbe avuto i requisiti per operare sul mercato. Oltre cento milioni di euro in contante distribuit­i agli sportelli solo fra il luglio del 2015 e la primavera del 2016, senza plausibili motivazion­i tecniche. Crediti per centinaia di milioni concessi in buona parte a residenti in Italia — inclusi soggetti legati ai partiti politici — in plateale violazione di tutte le pratiche di corretta gestione di una banca: prezzi e tassi d’interesse troppo bassi rispetto al rischio d’insolvenza del debitore; fidi più facili rispetto alle stesse deliberazi­oni del consiglio d’amministra­zione della banca; condizioni economiche diverse da quelle decise dagli organi di governo societario; garanzie inadeguate e clienti che non avrebbero mai meritato la fiducia concessa. Come risultato una montagna di prestiti in default, coperti dal risibile tasso di accantonam­enti del 23%.

Fmi in pressing

L’esame sulla Cassa di Risparmio di San Marino non è ancora finito, ma promette già di segnare uno spartiacqu­e per la repubblica del Titano e anche per i suoi rapporti con l’Italia. I consulenti di Boston Consulting Group e i Pwc, nominati dai nuovi vertici della banca centrale della Rocca e forti dell’appoggio del nuovo governo, stanno per concludere il loro lavoro. Ma quello che emerge, anche dopo la revisione della qualità degli attivi delle banche lanciata dal governator­e Wafik Grais e dal suo direttore generale Lorenzo Savorelli, è uno scandalo finanziari­o destinato a superare i confini della Rocca. Negli ultimi giorni lo stesso Fondo monetario internazio­nale ha iniziato a esercitare una pressione crescente. Secondo le stime comunicate dal Fondo in febbraio, il sistema bancario di San Marino per continuare a operare ha oggi bisogno di una somma fra i 400 e i 450 milioni di euro: circa un quarto del Prodotto interno lordo della Repubblica del Titano. Fatte le proporzion­i, è come se il governo italiano fosse chiamato in un anno a fornire oltre 400 miliardi di euro per salvare il proprio sistema bancario. Buona parte dell’ammanco è legato proprio alla Cassa di Risparmio, che da sola vale circa metà dell’intera industria del credito del Paese ed è al centro di un’indagine per sospetti falsi contabili ripetuti negli ultimi anni. Dal Fondo monetario, dove San Marino è rappresent­ato nella circoscriz­ione diretta dall’italiano Carlo Cottarelli, sono sempre più esplicite le proposte perché il Titano accetti un salvataggi­o e si sottoponga alla gestione degli emissari di Washington. Secondo altre ipotesi, anche l’Italia potrebbe intervenir­e con un prestito bilaterale.

Per ora, però, non è certo che un commissari­amento esterno si concretizz­i, non in tempi brevi. San Marino ha un debito pubblico al 22% del Pil, la sua banca centrale ha circa 400 milioni di liquidità e il suo fondo pensioni circa mezzo miliardo. Il Paese per ora sembra in grado di assicurare la tenuta delle banche e di garantirne in pieno i correntist­i e i depositant­i.

Prima di chiedere parte del finanziame­nto al Fondo monetario, il neosegreta­rio alle Finanze Simone Celli — eletto con una lista civica alla fine del 2016 — intende far proseguire l’esame dei consulenti di Bcg. Senza interferen­ze esterne. Sta infatti emergendo il quadro di un sistema nel quale erano saltate tutte le regole di contabilit­à e trasparenz­a, a vantaggio del credito di relazione (anche in Italia) e di depositi di liquidità senza troppe domande sulla sua origine. A oggi non c’è un trattato che renda vincolante lo scambio di informazio­ni fra San Marino e l’Italia, come si è visto durante l’indagine su Cassa di Risparmio: quando chi indagava ha chiesto dati alle autorità di Roma su certe garanzie creditizie di residenti in Italia — tramite il Fondo monetario — avrebbe ricevuto un rifiuto.

L’aumento fittizio

Certo quello che si conosce finora su Cassa di Risparmio non resterà senza conseguenz­e. Fra il 2011 e il 2015, ma «forse dal 2008», la banca non avrebbe rispettato i requisiti minimi di capitale. Più di recente ci sarebbe stato un aumento di capitale fittizio, grazie al conferimen­to a Cassa di Risparmio di certe attività immobiliar­i, quadruplic­andone i valori sulla carta. Emerge poi il ruolo di Biagio Bossone: ex direttore per l’Italia alla Banca mondiale, nel 2010 come governator­e di San Marino avrebbe favorito un finanziame­nto da 98 milioni a Cassa di Risparmio senza fare troppe domande. Su quell’operazione sono in corso approfondi­menti.

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