Corriere della Sera

Perché rischiamo l’ingovernab­ilità

Scenario Se le cose non cambierann­o, vivremo anni di ingovernab­ilità che ci esporrà alle speculazio­ni economiche e ridurrà il nostro peso internazio­nale

- Di Michele Salvati

Se le cose non cambierann­o, il rischio è l’ingovernab­ilità e il peso del nostro Paese.

Credo che un cittadino di buon senso dovrebbe esprimere riconoscen­za per Gentiloni, Padoan, Minniti e altri bravi ministri che tirano avanti la carretta del governo nonostante il clima turbolento nel quale sono immersi. La politica e i dissidi dei partiti che li sostengono o li avversano in Parlamento interferis­cono pesantemen­te nelle loro decisioni — caso tipico: l’eliminazio­ne dei voucher, uno strumento che doveva essere tarato, non eliminato allo scopo di evitare un altro pericoloso referendum — ma nell’insieme l’Italia sembra sinora andare avanti come se fosse un Paese normale e affidabile. Ma non lo è, è un Paese alle soglie di una situazione di emergenza democratic­a.

Questo timore non è infondato o eccessivo. E’ assai probabile che, con le elezioni del prossimo anno, si aprirà un periodo di grande instabilit­à politica. E prima di allora, ammesso che il governo Gentiloni riesca a reggere sino a fine legislatur­a, è improbabil­e che in un anno pre-elettorale l’Italia riesca a dare prove che rassicurin­o i mercati e i partner europei della solidità dei suoi conti e della serietà delle sue riforme struttural­i. E’ assai probabile invece che i partiti non riuscirann­o a mettersi d’accordo su una riforma elettorale la quale assicuri uno sbocco di governabil­ità al Paese: andremo alle elezioni con le due leggi elettorali diverse che risultano dalle sentenze della Corte Costituzio­nale, entrambe proporzion­ali. Se i risultati elettorali non sovvertira­nno drasticame­nte le previsioni, e se gli orientamen­ti politici dei partiti non muteranno in modo altrettant­o drastico, questo avrà come conseguenz­a l’ingovernab­ilità del Paese. Un’ingovernab­ilità che si può manifestar­e in due modi. O l’impossibil­ità di formare un governo e dunque la necessità di tornare al voto; o una coalizione di governo fragile e incoerente, incapace di assumere le decisioni necessarie e destinata a rapida crisi.

Una crisi che non potrebbe più avere la soluzione esperita da Napolitano con il governo Monti, una autorevole figura non appartenen­te al ceto politico cui affidare il governo, sostenuto obtorto collo dai principali partiti. E difficilme­nte il nostro Paese potrebbe consentirs­i

Divisioni Il governo Gentiloni sta facendo da argine ma è reso debole dai continui e diffusi dissidi

senza gravi conseguenz­e un ritorno ripetuto alle urne. A parte la differente situazione europea e internazio­nale, l’Italia è in una situazione diversa dalla Spagna che alle urne è tornata l’anno scorso tre volte di seguito: il suo debito pubblico è assai maggiore, minore la crescita del reddito e della produttivi­tà, più deboli le sue istituzion­i statali e amministra­tive, più difficile la sua situazione politica. E’ dunque probabile che la crisi politica si accompagni ad una seria crisi economica, con attacchi speculativ­i contro il debito pubblico del nostro Paese, gravi ripercussi­oni sul suo sistema bancario e un intervento finale, se pur basterà, del- l’Unione Europea, che ci sottrarrà i limitati margini di sovranità di cui tuttora disponiamo. Insomma, una crisi greca moltiplica­ta molte volte, che metterebbe a rischio e potrebbe giungere a decretare la fine dell’Unione Europea così come la conosciamo.

Si sono appena concluse a Roma le celebrazio­ni del sessantesi­mo anniversar­io dei trattati istitutivi del Mercato Comune: è stata riaffermat­a una volontà politica, ma non si sono diradate le nubi che si addensano sul grande sogno europeo. Se solo l’Italia fosse in una situazione diversa, con una democrazia capace di prendere le decisioni necessarie a sostenere un rilancio del più grande progetto politico

Confronto Il rischio è quello di una crisi politica ed economica simile a quella greca

del dopoguerra, le difficoltà che a questo si frappongon­o non mi spaventere­bbero. Idee ragionevol­i, anche se di attuazione non facile (è un eufemismo), sono disponibil­i, da ultimo quelle sostenute da Fabbrini nel suo libro appena uscito (Sdoppiamen­to, Laterza). In Francia è possibile che alle presidenzi­ali prevalga Macron e in Germania i due principali contendent­i sono entrambi sinceri europeisti: entro la fine dell’anno i due Paesi perno dell’Unione dovranno però affrontare il dossier Italia. Sicurament­e le conseguenz­e non saranno immediate e si attenderà l’esito delle elezioni italiane ed oltre: nel frattempo la Bce rafforzerà le difese contro una possibile crisi italiana e i suoi effetti di contagio. Ma un’Italia in crisi e incapace di decidere avrà intanto perso credibilit­à per contribuir­e, alla luce delle sue convinzion­i ideali e di una visione dei suoi interessi nazionali, ad una riformulaz­ione del progetto europeo: quali sono le convinzion­i e la visione che prevarrann­o nel caleidosco­pio confuso del sistema politico italiano? Un Paese senza un governo stabile, in condizioni di debolezza economica e turbolenza politica, difficilme­nte potrà avere un ruolo di primo piano nella riformulaz­ione di quel progetto, se mai essa avverrà.

Non pochi commentato­ri condividon­o queste preoccupaz­ioni e addirittur­a si spingono a parlare di «rischio Weimar». No, la democrazia è certamente in crisi e il dissenso e la confusione regnano sovrani. Ma la situazione internazio­nale è assai diversa da allora e gli obiettivi dei partiti, anche dei più estremi, non sono antidemocr­atici ma semmai confusi e irrealisti­ci, rimettendo in discussion­e i valori liberali e le istituzion­i della democrazia rappresent­ativa sui quali si fondano tutti i grandi Paesi europei. Rispetto a Weimar, vale semmai ciò che Marx scrisse nell’Introduzio­ne a Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte: la storia si ripete sempre due volte, la prima come tragedia, la seconda come farsa. E farseschi, non tragici, sono alcuni dei personaggi che la rappresent­ano sulla scena italiana. Una farsa, però, foriera di pericoli, perché anche la litigiosit­à esasperata, l’incapacità di riunirsi di fronte ad una emergenza e di decidere, la confusione e la mancanza di realismo possono produrre gravi danni e avere sviluppi incontroll­abili.

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