Alfano in visita chiede a Lavrov «rispetto» per chi protesta
Era una visita programmata da tempo, quella di Angelino Alfano a Mosca, la prima da ministro degli Esteri. Ma le dimostrazioni di domenica contro il governo e l’arresto del leader dell’opposizione Aleksej Navalny, hanno imposto una increspatura non prevista. I colloqui sono andati bene. Si è parlato di rapporti economici, di energia, di crisi regionali, di lotta al terrorismo. Nonostante le difficoltà, ha detto il capo della Farnesina, «la Russia rimane per noi un partner affidabile». Al collega Sergei Lavrov, Alfano ha confermato fra le altre cose che l’Italia considera importante il coinvolgimento di Mosca nella soluzione della crisi libica. Il ministro degli Esteri ha discusso anche della possibilità che l’Italia partecipi alla costruzione dei nuovi gasdotti, progetti sui quali ci sono già stati contatti avanzati tra Eni e Gazprom. Le sanzioni contro Mosca per la crisi Ucraina rimangono, «per ragioni sulle quali al momento non si può transigere», ha spiegato Alfano. Ma nei settori non colpiti ci sono ampi spazi d’investimento per le nostre imprese, che non sempre ne approfittano. Nell’incontro di domenica sera tra il nostro ministro e gli imprenditori italiani, l’ambasciatore a Mosca Cesare Ragaglini si è detto stupito per questa «timidezza». Ma Alfano ha anche chiesto chiarimenti sui fatti di domenica: «Ho posto la questione sulle manifestazioni di piazza contro la corruzione e di conseguenza contro il governo russo — ha detto in conferenza stampa — e nel pieno rispetto delle leggi di questo Paese non posso che riconoscermi nella dichiarazione della Ue per la libertà di espressione e di pensiero». Raccontano che nel colloquio, Lavrov non abbia fatto una piega, ricordando che i manifestanti non fossero autorizzati a sfilare su un certo percorso e che il Comune di Mosca ne avesse offerto uno alternativo. «Anche in Germania e in Olanda — avrebbe osservato con una punta di malizia il ministro russo — di recente sono state vietate delle manifestazioni per ragioni di ordine pubblico». Si riferiva a quelle delle comunità turche.