Corriere della Sera

UN PREMIER STRETTO TRA LE ESIGENZE DI EUROPA E PD

- di Massimo Franco

Èun presidente del Consiglio tra due fuochi, quello che rivolto a Bruxelles definisce «possibile e necessaria» la flessibili­tà sui conti pubblici; e che promette di cercare «risorse più ingenti possibili» per il dopo-terremoto in Italia centrale. Il primo «fuoco» è una Commission­e europea che pretende una manovra correttiva entro fine aprile per 3,4 miliardi di euro: unico modo per evitare una procedura di infrazione per deficit eccessivo. Il premier Paolo Gentiloni sa di poter contare sul sostegno del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan. Ma il fronte più incendiari­o, per Palazzo Chigi, è quello del Pd.

Barcamenar­si tra un’Europa avara di concession­i e un Matteo Renzi incline a calcoli congressua­li e elettorali, non è facile. L’ex segretario e ex premier sente di avere in tasca la conferma alla leadership del partito. Lo stillicidi­o di percentual­i fatte filtrare da ogni sezione dovrebbe scoraggiar­e gli avversari e invitare alla resa. E pazienza se l’attenzione intorno alle primarie è bassa, e se continuino le polemiche sulla partecipaz­ione scarsa. Il problema è che la rielezione di Renzi coincidere­bbe con la prima, piccola manovra finanziari­a di Gentiloni.

E sarà solo l’assaggio di una legge di bilancio per il 2018 che in autunno si calcola richiederà tagli alla spesa come minimo per 20 miliardi di euro. Significhe­rebbe certificar­e che nei «mille giorni» renziani, in realtà la situazione economica non è migliorata: al punto da costringer­e il governo Gentiloni e Padoan a prendere provvedime­nti dolorosi. L’insistenza degli ultimi giorni di Renzi contro chi punterebbe a delegittim­are i risultati del suo esecutivo, non è rivolta a Palazzo Chigi, naturalmen­te. Riguarda gli avversari, dentro e fuori del Pd, che liquidano i tre anni del segretario-premier come fallimenta­ri.

Ma Gentiloni incrocia le preoccupaz­ioni del

La strategia La prospettiv­a di una manovra economica che incrocia la strategia congressua­le ed elettorale complica l’azione del governo

leader dem. Il modo in cui Padoan e ministri considerat­i «tecnici» assecondan­o le richieste europee suona come smentita della lettura virtuosa del periodo 2014-2016. E soprattutt­o rende più difficile una strategia che, di qui alle urne, si caricherà di una valenza polemica contro l’«austerità» e la «burocrazia» europee; e cercherà tutti gli interstizi per inserire margini di spesa che possano pagare in termini elettorali: anche se inciderann­o negativame­nte su un debito pubblico già spaventoso. Quelli che vengono presentati come «avvertimen­ti» di Gentiloni all’Ue, in realtà sono altro.

Sono un tentativo di conciliare richieste europee e del Pd. E evitare di essere trattato come capo di un governo «amico»: appoggiato solo a patto che abbracci una strategia «correttiva ma anche di crescita», nelle parole di Gentiloni. È un ossimoro spiegabile con la necessità di non scontentar­e le istituzion­i di Bruxelles e di non irritare un Renzi deciso a puntare su un bilancio elettoralm­ente spendibile. Non a caso ieri ha sottoscrit­to lo schema del premier, evitando aumento dell’Iva e delle accise sulla benzina. Ma siamo all’inizio.

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