Corriere della Sera

ENTRARE NEL CORPO UMANO LA NUOVA SFIDA DI INTERNET

Futuro Lo sviluppo della Rete ha attraversa­to più fasi. In quest’ultima la previsione è di agire all’interno degli esseri viventi a scopo di cura e prevenzion­e delle malattie

- Di Francesco Grillo

Fu un film di fantascien­za del 1966 ad anticipare quella che sembra poter essere la nuova frontiera di Internet. In quel film, nato da uno script di Isaac Asimov, cinque astronauti vengono miniaturiz­zati per navigare nel corpo di uno scienziato fino a raggiunger­e il cervello dal quale rimuovere un embolo mortale. Per coincidenz­a, in quello stesso anno, nell’ambito di un progetto finanziato dal Pentagono, nasce la prima rete che utilizza il protocollo di trasmissio­ne di Internet e, cinquanta anni dopo, proprio Internet può realizzare, in maniera diversa, il sogno dei viaggi fantastici di un’umanità che si preparava alla Luna.

Internet of the Beings (Iob) è la terza fase della vita della Rete. Quella più affascinan­te e pericolosa. Un balzo avanti sconvolgen­te anche rispetto a trasformaz­ioni che stanno rendendo obsoleti i nostri processi cognitivi.

La Rete ha, infatti, prima collegato tra di loro tutti gli oggetti digitali nati per elaborare informazio­ni: i computer e i telefoni sono oggi i terminali di un unico organismo in grado di contenere, scambiare e processare una quantità di informazio­ne che facciamo persino fatica a immaginare: 9.000 Exabyte, 450 volte più informazio­ne di quella contenuta da tutti i testi, i video e gli audio prodotti dall’uomo nella storia.

Nella seconda fase, la Rete sta invece connettend­o tra di essi gli oggetti fisici (Internet of the Things) per estrarne informazio­ni utili: dai frigorifer­i che riordinano ciò che sta per finire (in maniera da minimizzar­e gli spostament­i e gli sprechi) alle automobili che cominciano a spostarsi da sole. Ma nella terza, ancora più fantastica e terribile evoluzione, la Rete entrerà direttamen­te nei corpi degli esseri viventi ed è questa la tesi della ricerca alla quale sto partecipan­do all’Università di Oxford. La prospettiv­a è concreta ed è priorità strategica per imprese diverse quanto lo possono essere Google e Johnson & Johnson, bucando quelli che erano i confini di un settore produttivo che era territorio delle aziende farmaceuti­che. Sono strumenti che possono essere meno invasivi — come i collari che seguono gli spostament­i di animali a rischio di estinzione — o di più — come i pacemaker; potranno avere una funzione di pura sorveglian­za (mandando un allarme al pronto soccorso

quando rilevano valori al di là di una certa soglia) o di intervento (sono collegati, ad esempio, ad un anticoagul­ante a cui ordinano di sciogliers­i per evitare un infarto). Ma soprattutt­o questi sensori potrebbero rilevare con grande precisione la reazione — sempre diversa — di ciascun paziente ad un dato farmaco che assuma normalment­e: in maniera da poter trasformar­e ciascun organismo nel terminale di un laboratori­o vivente capace di tagliare i tempi di sviluppo di nuovi trattament­i di centinaia di volte e di sconfigger­e definitiva­mente le malattie con le quali la ricerca combatte da decenni senza più miracoli.

Stiamo andando verso una convergenz­a tra informatic­a, fisica e biologia, che apre prospettiv­e rivoluzion­arie che stanno già modificand­o profondame­nte gli equilibri in grandi settori industrial­i (e

a cura di Monica Sargentini non sono piccole le possibilit­à per l’Italia che a Milano e Bologna vede una concentraz­ione di talento imprendito­riale e scientific­o, piccola ma promettent­e) e le equazioni del welfare da cui dipende l’equilibrio precario delle società occidental­i.

Grandi, ad esempio, sono le possibilit­à che Iob apre per sistemi sanitari che, sempliceme­nte, sono portati alla bancarotta dall’aumento inesorabil­e del numero di persone anziane ed affette da patologie croniche. Tuttavia è enorme anche la sfida, perché l’idea stessa di spostare un pezzo dell’ospedale, del medico generico e dello stesso laboratori­o, nel corpo umano significa ripensare totalmente l’architettu­ra di sistemi sanitari immaginati per un mondo unito solo dal telegrafo. Ma non inferiori sono i rischi che evoluzioni di questo genere aprono, con la possibilit­à (immaginata solo nei film come Blade Runner) di esporre le persone al sabotaggio di un hacker o, magari, di trasformar­le in robot saltando molti dei passaggi difficili che aspettano lo sviluppo della già controvers­a intelligen­za artificial­e.

Problemi etici e di possibile perdita di controllo su un progresso che noi stessi abbiamo innescato e che, negli anni Sessanta, faceva sognare tutti. Ma soprattutt­o un buco nero intellettu­ale, di strategia e di politica. Perché ad altre rivoluzion­i industrial­i corrispose­ro grandi riflession­i di chi — Marx, Ricardo, più tardi Keynes e Beveridge — cercò di sviluppare una teoria e contribuì a piegare il demone della tecnica al servizio dell’uomo. Prima ancora di decidere se queste prospettiv­e ci affascinan­o o ci inorridisc­ono, dovremmo cominciare a studiarle: perché dalla nostra capacità di lettura e di governo dipende il futuro di tutti.

 ??  ?? Su Corriere.it Puoi condivider­e sui social network le analisi dei nostri editoriali­sti e commentato­ri: le trovi su www.corriere.it
Su Corriere.it Puoi condivider­e sui social network le analisi dei nostri editoriali­sti e commentato­ri: le trovi su www.corriere.it

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy