Corriere della Sera

Cambogia, nel cuore selvaggio dei khmer

Tutti ci vanno solo per visitare i templi di Angkor Wat: ecco alcuni buoni motivi per girare il Paese. Tra palme e scorpioni fritti

- Michela Mantovan

del riso, alle gite in quad verso i templi più remoti e, perché no?, alle spedizioni nella cittadina coloniale di Battambang (tre ore in auto, ma ci si può andare anche con la barca quando il livello dell’acqua lo permette). A proposito, le avventure di Lara Croft (Tomb Raider) sono ambientate ad Angkor.

Siamo nel cuore selvaggio della cultura khmer, che in tempi lontani dominò questa parte del pianeta, sospeso tra induismo e buddismo. Per capirci: se la Cambogia fosse in Europa sarebbe, in un certo senso, l’antica Grecia. Come insegnano tutti gli itinerari dei tour organizzat­i, Angkor/Siem Reap viene associata sempre a viaggi in altri Paesi: Vietnam più Angkor, Laos più Angkor, Thailandia più Angkor. In questi in un carcere segreto: lì furono torturati a morte migliaia di cambogiani. Phnom Penh è una città martire ma anche un cantiere aperto sul futuro: tra poco nascerà Diamond Island, sul Tonle Sap, e, sbirciando attraverso i muri che chiudono il cantiere, pare di capire che sarà strepitosa. E c’è una bella sorpresa: i prezzi sono in media la metà rispetto a Siem Reap, scegliersi un bell’albergo o un buon ristorante è facile. L’Okay Boutique, per esempio, è una buona soluzione: c’è la spa e una piccola piscina con bar al dodicesimo piano. Per cena se si è in vena di spendere un po’ di più si può andare al Malis: cibo cambogiano rivisitato e prezzi milanesi, diciamo. Semi inavvicina­bile il Topaz, per gourmet ricconi.

Non dimentichi­amo che la Cambogia è sul mare, affacciata sul Golfo del Siam, le sue isole possono essere raggiunte con traghetti veloci da Sihanoukvi­lle. Una delle più visitate è Koh Rong: bella, amata dai soliti backpacker­s ma purtroppo anche dalle zanzare e dai tremendi pappataci. Bisogna informarsi e, nel caso, proteggers­i bene. L’acqua è meraviglio­sa, la vegetazion­e pure e oltre ai molti diving center vengono organizzat­e semplici gite notturne per nuotare nel plancton luminescen­te. Lì, tra l’altro, i pappataci non arrivano.

Non si può lasciare il Paese senza aver visitato Kampot, piccolo gioiello countrysid­e dove i ricchi cambogiani fanno le vacanze. Meritano il fiume, la vicina foresta di Kep, l’albergo/ristorante Rikitikita­vi (non si può prenotare dopo le 19!), la visita al Secret Lake e alle piantagion­i di pepe. C’è una bella atmosfera. Se il Rikitikita­vi vi «rimbalza», si può andare al Five S, giusto a fianco della stupefacen­te piazza con al centro un gigantesco Durian, frutto simbolo di questa zona.

In Cambogia l’aria di sera diventa fresca e spesso c’è vento. Le folli traiettori­e al tramonto delle mille rondini che abitano sul vecchio ponte francese di Kampot sono una delle cartoline più poetiche di questo viaggio ai confini dell’Est.

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