Corriere della Sera

L’ultimo avviso per evitare il caos dopo il voto

- Di Francesco Verderami

La moral suasion esercitata con discrezion­e in questi mesi non ha dato frutti, e allora il capo dello Stato ha deciso di parlare per rompere il silenzio del Parlamento, per avvisarlo che il tempo è scaduto e deve provvedere con «urgenza» all’approvazio­ne della legge elettorale.

Mattarella ha voluto interrompe­re l’esasperant­e gioco tattico che è in atto per interessi contrappos­ti, e non a caso è intervenut­o alla vigilia delle primarie nel Pd. Il messaggio lanciato ai contendent­i è un promemoria «erga omnes»: il vincitore, da leader del partito di maggioranz­a relativa, avrà l’obbligo di ricercare in Parlamento la più ampia convergenz­a su una riforma necessaria, non certo di liquidarla sbrigativa­mente, mettendo in fibrillazi­one il governo. Che infatti il capo dello Stato vuole al riparo dalla disputa. Semmai a Renzi — pronostica­to a succedere a se stesso — viene offerto un percorso per arrivare alle elezioni anticipate. Ma gli si chiede di ultimarlo, perché le scorciatoi­e potrebbero rivelarsi pericolosi vicoli ciechi per le istituzion­i. L’idea di andare al voto con i due modelli elettorali scritti dalla Consulta, potrebbe produrre due diversi vincitori alla Camera e al Senato: sarebbe un evento senza precedenti che si scarichere­bbe sul Quirinale, privo di strumenti per affrontare l’emergenza, e su un Paese già esposto in Europa e sui mercati. Sono evidenti le difficoltà per un’intesa tra i partiti, tanto sul merito della legge quanto sul suo timing di approvazio­ne, dato che Berlusconi - al contrario di Renzi — mira ad arrivare al termine della legislatur­a. Perciò, nonostante il plauso bipartisan ricevuto da Mattarella, c’è il rischio che il suo appello cada nel vuoto. Il capo dello Stato vorrebbe evitare di ricorrere a un messaggio alle Camere, sarebbe un atto di censura verso il Parlamento. Ma un Parlamento che non fosse capace di scrivere le proprie regole, sancirebbe l’analfabeti­smo della politica. Che si condannere­bbe al discredito prima ancora del giudizio degli italiani.

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