Tremonti, «fan» di Laffer: «La curva uno stimolo a riportare a casa i capitali»
L’ex ministro e la teoria economica degli anni 70
del Tesoro, Steve Mnuchin, si ispirano esplicitamente alle idee di Arthur Laffer — applicate con successo solo sotto Ronald Reagan — come base teorica della loro riforma fiscale. Per Tremonti, «la ragione è naturalmente di determinare in positivo la produzione. Ma ce n’è un’altra: ridurre la convenienza a produrre all’estero. Quindi produce un doppio effetto nell’economia ed è coerente con lo stato attuale della politica Usa».
Ma non è a costo zero. Un taglio delle aliquote alle aziende dal 35% al 15% produrrà un deficit stimato in 200 miliardi di dollari l’anno.
«Su questo, credo che abbiano ampi margini di flessibilità. Tenga conto che, se per i redditi prodotti da attività nazionali devo calcolare una perdita di gettito, se immagino che l’aliquota ridotta attragga capitali dalle imprese delocalizzate, posso coprire il minor gettito con il rimpatrio di quei capitali o la loro non uscita dal Paese».
Ma riuscirà a convincere le imprese Usa a rientrare dai Paesi offshore?
«Non è che andare offshore sia privo di rischi o di costi: devi produrre, fare arrivare i dividendi ai tuoi azionisti... Ma prima la scelta per un’azienda era fra il 35% di tasse e l’aliquota zero del paradiso fiscale.
«Trump non è contro la globalizzazione. Ma proprio perché essa offre delle alternative, lui propone un’alternativa americana».
Lei dunque è favorevole alla concorrenza fiscale tra Stati?
«Le faccio una battuta: Matteo Renzi contestava la concorrenza fiscale tra Stati, accusava l’Irlanda di assorbire i gettiti degli altri Paesi. Ma in piccolo l’ha fatta anche lui, con l’aliquota scontata a chi si trasferisce in Italia. Solo che gli altri la fanno alla grande, la concorrenza fiscale, lui alla maniera rignanese. Insomma: se devi violare il principio di divieto di concorrenza fiscale tra Stati — ammesso che tale divieto esista — meglio farlo per la Apple e tutte le altri multinazionali che per i riccastri».
Prima la scelta era fra il 35% di tasse e l’aliquota zero del paradiso fiscale. Ora, se stare fuori costa lo stesso, tanto vale rimanere in patria