Corriere della Sera

La fuga di Zeinab, venduta a un uomo per salvare le sorelle dalla siccità

Somalia, una 14enne data in sposa contro la sua volontà nel Paese devastato dalla fame

- di Alessandra Muglia

Tra gli arbusti bruciati dal sole, con i raccolti perduti, gli animali morti e i pozzi vuoti, Abdir Hussein non vedeva nessun altra possibilit­à per salvare la sua famiglia dalla fame che «vendere» la figlia Zeinab, 14enne. Un uomo del villaggio l’aveva chiesta in sposa offrendo in dote mille dollari. Il necessario per intraprend­ere il viaggio che avrebbe permesso di sopravvive­re a lei e alle altre figlie, con nipoti e nipotini al seguito. Destinazio­ne Dolow,cittadina somala al confine con l’Etiopia dove le agenzie umanitarie distribuis­cono cibo e acqua agli sfollati in fuga dalla terribile siccità che sta colpendo il Paese dove oltre la metà dei 12 milioni abitanti necessita di aiuti per non soccombere, stima l’Onu.

All’inizio la ragazzina aveva opposto resistenza: «Preferisco correre nella foresta ed essere divorata dai leoni», la sua reazione. «Allora staremo qui a morire di fame e gli animali mangeranno anche le nostre ossa», la replica della madre, riferisce la Reuters. Barattare la libertà di Zeinab per la vita delle sorelle è stata una «decisione difficile, ho messo fine ai sogni della mia bambina ma senza quei soldi saremmo tutti morti».

C’è chi nella grande fuga lascia indietro bambini che non camminano o mariti invalidi. «Scelte come queste stanno diventando frequenti in un Paese dove non piove praticamen­te da due anni e la presenza dei miliziani Shebab complica i movimenti di soccorrito­ri e degli stessi abitanti», raccontano al Corriere gli operatori di Coopi — Cooperazio­ne italiana — , presenti dal 1984 in Somalia con programmi di distribuzi­one di voucher per alimenti, protezione dei rifugiati e iniziative di sostentame­nto agli animali. È proprio grazie all’iniziativa di questa ong italiana se la vicenda di Zeinab ha avuto un lieto fine.

Perché la ragazzina, a soli tre giorni dalle nozze, è riuscita a scappare e a raggiunger­e i suoi familiari che un po’ a piedi un po’ in sella a degli asini (affittati) avevano percorso i cinquanta chilometri che separano il luogo della salvezza, Dolow, dal loro villaggio vicino a Malmaley, sempre nella regione di Ghedo. Un viaggio non facile: per arrivarci occorre passare da zone controllat­e dai miliziani Shebab che estorcono «pedaggi» ai passanti, sequestran­o ragazzini da arruolare come combattent­i, bloccano gli uomini. Zeinab assicura di essere stata «trattata bene», altro non vuole dire, ha troppa paura di ritorsioni dopo che il suo volto è circolato sui media locali.

Passata indenne dalle zone controllat­e dagli estremisti, Zeinab si è trovata il marito alle calcagna. L’aveva inseguita. Minacciava la madre: «O mi ridate la dote o mi riprendo la ragazza con la forza». Non avrebbero potuto restituire neanche un centesimo del dovuto. Non esistono programmi ad hoc per rimediare a queste situazioni, diventate più frequenti dopo la carestia. È a questo punto che entra in scena Coopi. «Dobbiamo fare qualcosa sennò ogni notte ci sarà uno stupro», disse Deka Warsame, coordinatr­ice regionale di Coopi, arrivata sul posto per la visita dei donatori Ue dell’Echo. Ed è partita una raccolta fondi. Così l’uomo è stato «risarcito» e Zeinab ora è una ragazza libera. Con un progetto: «Voglio studiare e diventare un’insegnante di inglese».

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