Turchia, nuovo blitz: migliaia di arresti Erdogan sempre più distante dall’Europa
La contestazione del risultato referendario del 16 aprile in Turchia finirà alla Corte europea dei diritti umani, lo ha annunciato ieri il principale partito di opposizione, il Chp, ma questo non impedirà a Recep Tayyip Erdogan di portare a compimento il disegno presidenziale e di continuare, anche con più forza di prima, con le retate di sospetti gülenisti. Lo dimostra la maxi operazione lanciata ieri con 8.500 agenti all’opera nelle 81 province del Paese. Più di mille persone sono state arrestate con l’accusa di essere «imam segreti» di Fetö, la presunta organizzazione terroristica diretta dal predicatore islamico Fethullah Gülen, e di aver avuto un ruolo nel tentato golpe del 15 luglio che ha causato la morte di 240 persone. La retata continuerà nei prossimi giorni. In tutto sono 3.224 gli ordini di arresto emessi dalla procura di Ankara. Il ministro degli Interni Süleyman Soylu ha assicurato che il governo non si fermerà finché «i gülenisti non saranno annientati». Negli ultimi nove mesi sono finite dietro le sbarre più di 47mila persone, tra cui 10.700 agenti di polizia e 7.500 militari. Molti di loro si proclamano innocenti, dicono di essere vittime di un errore giudiziario, di un colossale abbaglio. E la popolazione che, subito dopo il fallito colpo di Stato, aveva appoggiato le epurazioni, ora vede messa in pericolo la libertà di espressione e la democrazia. La distanza con l’Europa sembra aumentare di giorno in giorno. Il 25 aprile l’Assemblea Plenaria del Consiglio d’Europa (Pace) ha riaperto le procedure di monitoraggio sulla Turchia proprio a causa della riforma costituzionale, approvata di stretta misura con il referendum, considerata «non in linea con la nostra idea di democrazia e i nostri valori». Ieri il ministro degli Esteri tedesco, Sigmar Gabriel, ha espresso «preoccupazione per gli arresti di massa» e il presidente del Parlamento Europeo, Antonio Tajani, ha ribadito che «la Ue non è un continente islamofobo» come sostiene Ankara, invitando Erdogan al dialogo. Dal canto suo il presidente turco, in un’intervista a Reuters, ha promesso che «la lotta contro Fetö, il Pkk e le altre organizzazioni terroristiche continuerà nel rispetto della democrazia, dei diritti fondamentali e delle libertà».