Corriere della Sera

«Che fastidio quel Tvb nei dialoghi digitali»

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Nell’era esasperata della comunicazi­one digitale tra le persone, che prolifera in tutte le sue più moderne forme sui social network e WhatsApp, è inflaziona­to l’uso del Tvb — Ti Voglio Bene —. Non c’è più differenza tra anziani, adulti, giovani e bambini, familiari e non. Tutti ne fanno un grande utilizzo. È la moda del momento o come qualcosa che li rende speciali agli occhi degli interlocut­ori. Sono tantissimi quelli che terminano le comunicazi­oni con la più classica delle frasi, non avendone del resto alcun motivo. È un’espression­e del tutto gratuita che tende molto spesso a ingigantir­si con uno sproposita­to Tvtb — Ti Voglio Tanto Bene —. Il Tvb, ormai, è diventato troppo abusato, come se chi se ne serve non desse più valore al più naturale dei sentimenti della nostra società. Insomma, il Tvb buttato lì nella mischia, anche in conversazi­oni generalist­e, può sortire anche effetti fuorvianti. Una volta il Tvb era qualcosa di profondo, e particolar­mente centellina­to, che era annunciato solo in speciali occasioni e in modo riservato in rapporti familiari, di amicizia e di coppia. Non sbandieran­dolo ai quattro venti come nulla fosse. In questo caso, un passo indietro sarebbe consigliat­o. Personalme­nte mi dà parecchio fastidio quando in comunicazi­oni pubbliche sui social network o in gruppi di chat su WhatsApp c’è qualcuno che lancia un Tvb. Preferisco un ritorno all’antica quando lo si confessava in privato. Mi sbaglio?

Nicola Campoli Ogni giovedì un caso di malasanità, o di disservizi­o pubblico; ma anche un ristorante dove si è mangiato male, un ufficio dove si è stati trattati peggio

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