Corriere della Sera

Mercato, va di moda la clausola È a doppio senso e porta soldi

Vale per campioni e allenatori, serve sia come blindatura che come via di fuga

- 1 2 3 4 Monica Colombo

È entrata nel nostro lessico quotidiano nove mesi fa quando per Gonzalo Higuain abbiamo sacrificat­o fiumi d’inchiostro per il suo passaggio dal Napoli alla Juventus. La parola magica è «clausola». L’aggettivo che l’accompagna è «rescissori­a». Così per chiarire che nessuno da Torino ha effettuato una rapina a mano armata: sempliceme­nte è andato in banca e ha compilato un bonifico da 94 milioni, 736 mila euro. A giudicare dall’artifizio a cui molti presidenti stanno ricorrendo in sede di discussion­e di rinnovo dei contratti, fra un po’ la clausola ce la ritroverem­o come voce nel paniere Istat.

È l’ultima tendenza del calciomerc­ato, in quanto trend diffuso ormai applicato a campioni come a giocatori di medio livello, ad attaccanti ma pure ad allenatori. La clausola viene inserita per evitare scippi a basso costo: il presidente del Torino Urbano Cairo si è di recente pentito di aver fissato a 100 milioni il prezzo per l’estero del Gallo Belotti. Chi a dicembre poteva immaginare che il rendimento dell’attaccante fosse così continuo da creare il trono di capocannon­iere con 25 gol?

Non solo. Può essere contemplat­a, al momento di un prolungame­nto di contratto «sofferto», per offrire al giocatore una possibile via di fuga futura. Dopo i fuochi d’artificio di Wanda Nara che l’estate scorsa rese un reality la trattativa con il Napoli, l’Inter a ottobre ha allungato il matrimonio con Icardi ponendo la clausola di 110 milioni (per squadre non italiane) ed esercitabi­le entro il 20 luglio. Non è escluso che sia questa, cioè la clausola, la chiave che Fassone e Mirabelli utilizzera­nno per addolcire Mino Raiola e indurlo a trattare il prolungame­nto del matrimonio di Donnarumma con i rossoneri (che com’è noto scadrà nel 2018). Ovvero: tu accetti la mia proposta, Gigio dimostra di avere riconoscen­za nei confronti del club che lo ha lanciato in A (magari prendendo spunto da Buffon che, pur campione del mondo nel 2006, non abbandonò la Juve retrocessa) e io ti offro una via di fuga futura.

Per molti presidenti è una forma di tutela del patrimonio. I fratelli Della Valle blindarono Montella con una clausola da 5 miliardo di euro la clausola che sarebbe stata fissata dal Real Madrid per lasciare libero Gareth Bale milioni (da riscuotere anche dopo l’esonero) prima di fissare il prezzo per Kalinic: 50 milioni tondi (cifra che in effetti scoraggiò il Tianjin). Ora ne beneficia Eusebio Di Francesco, uno dei tecnici à la page del momento: non è un caso che sia in pole per il dopo-Sousa. Liberarlo dal Sassuolo costa 3 milioni, cinque in meno di Sarri a partire dal prossimo anno. Perché sempre a De Laurentiis, il re incontrast­ato delle clausole si torna: l’ha posta a Hysaj (50 milioni), a Rog (60), Maksimovic (55) e Zielinski (65). Si è dovuto astenere dall’applicarla a Insigne («lo avrei offeso se gliela avessi proposta» ha dichiarato) ma medita di «offrirla» a Mertens. A sua volta però ADL sarà costretto a pagare 1 milione a Sarri in caso di esonero.

Poi radiomerca­to favoleggia di clausole inavvicina­bili: vuoi Messi? Sgancia 250 milioni. Sogni Bale che nell’ottobre scorso ha rinnovato fino al 2022? Paga 1 miliardo. Cifre (non ufficiali) che però sembrano più frutto di suggestion­e che di condizioni contrattua­li. Gli allenatori la temono: vederla applicata ai propri giocatori sottintend­e una mancanza di progettual­ità. Se tutti hanno un prezzo nessuno è incedibile. Poi certo, come extrema ratio, esiste sempre la volontà del giocatore, libero fino all’ultimo di rifiutare il trasferime­nto e rispondere «no grazie». Sperarlo è auspicabil­e ma chi ci crede è perduto.

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