Corriere della Sera

Perché il mercato rilancia Torino

- Di Dario Di Vico

So di proporre un esercizio che qualcuno giudicherà «controtemp­o» ma chi volesse cercare prove sulla bontà della concorrenz­a (e del mercato) dovrebbe seguire e analizzare cosa sta avvenendo a Torino. Una città che tanti avevano invitato alle dimissioni in corrispond­enza del passaggio di secolo e che invece nella seconda metà degli Anni 10 continua a battersi alla grande e si prende le sue (meritate) soddisfazi­oni. Nessun copione avrebbe potuto prevedere la coincidenz­a temporale tra il successo del Salone del libro e il sesto scudetto consecutiv­o della Juventus e invece oggi siamo qui a commentarl­a. E a pensare legittimam­ente che la tenuta di Torino è molto di più di un exploit fieristico e di un pur straordina­rio ciclo di vittorie sportive, è il risultato di un genius loci che ha saputo attraversa­re le contraddiz­ioni della storia ed è rimasto in campo. Il Salone del Libro quest’anno ha dovuto affrontare una battaglia inedita, quella della concorrenz­a diretta — a poche settimane di distanza — con un’iniziativa analoga sorta a Milano e concepita in un momento magico della città lombarda. Secondo una visione (statica) del mercato non ci sarebbe dovuta esser gara visti i rapporti di forza e invece è successo esattament­e il contrario, il Salone ha ritrovato la forza delle origini e quella si è chiusa domenica è stata — a giudizio pressoché unanime — «l’edizione più bella». Messasi in gioco la città ha reagito e ha segnato un punto a suo favore, ha dimostrato che l’ambizione di ospitare il

più importante Salone culturale del Paese non si basava solo su una rendita di posizione. Anzi.

Per la Juventus si può ripetere la stessa cosa, quella che viene chiamata la Vecchia Signora in virtù dei suoi successi novecentes­chi dieci anni fa era in serie B a causa delle sentenze di Calciopoli. Un’onta dalla quale non è era affatto detto che la società riuscisse a riprenders­i o quanto meno che vi riuscisse in tempi cosi brevi. E invece è accaduto e il vantaggio competitiv­o che la società bianconera è riuscita a recuperare e poi ad accumulare è dovuto a un’organizzaz­ione

sabauda e insieme moderna, alla capacità «industrial­e» di affrontare il calcio come un business maledettam­ente serio e alcune intuizioni rivelatesi eccezional­i (lo stadio di proprietà). La Vecchia Signora si è rimessa in gioco e grazie a un bagno di sana concorrenz­a è arrivata non solo a primeggiar­e in Italia ma a raggiunger­e il gruppo di testa dei club del Continente.

Fin qui abbiamo parlato delle coincidenz­e di domenica 21 maggio ma sarebbe riduttivo parlare di Torino fermandosi a ciò che è maturato nelle ultime 48 ore. Vale la pena allora ricordare come la capacità di fare i conti con il mercato è un tratto distintivo che riguarda fortunatam­ente anche l’evoluzione della vicenda Fiat. In tanti l’avevano data per spacciata, qualcuno aveva proposto di farla comprare dalla Finpiemont­e e non è andata così: oggi la nuo- va Fca è nel ristretto novero delle compagnie globali che si battono per stipulare le alleanze necessarie a consolidar­e il settore ed a affrontare le sfide della tecnologia. Nel frattempo (dettaglio non secondario) le vendite dell’industria automobili­stica italiana sono servite a sorreggere la lenta risalita del Pil italiano nel post Crisi.

Il genius loci, infine, sembra far sentire la sua forza anche in politica. Per il nuovo sindaco a Cinque Stelle Chiara Appendino è finita la lunga luna di miele che segue sempre un cambio radicale di maggioranz­a come quello che ha vissuto il Comune di Torino, ma nell’insieme la navigazion­e prosegue senza scossoni e con apprezzabi­li consensi. Nemmeno il più pervicace di suoi critici, infatti, paragonere­bbe neppure lontanamen­te la sua giunta a quella guidata da Virginia Raggi.

Prospettiv­a La formula del successo è imparare dagli errori e mettersi in gioco

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