Corriere della Sera

Paolo Gabba

- Alessandro Prandi alessandro.prandi@ gmail.com

Caro Aldo, si resta esterrefat­ti nel sentire le affermazio­ni compiaciut­e di personaggi istituzion­ali a commento della manifestaz­ione di Milano. Parlare di «inclusione» è molto «politicall­y correct», ma mistificat­oria retorica della realtà. È arcinoto che il Paese non naviga nell’oro e che i pure nostri giovani devono emigrare. A quanto si nota, finora l’integrazio­ne è all’«italiana»: masse di disperati vaganti per strade e città a presidiare parcheggi per piazzare mercanzia, o a elemosinar­e. I media riportano il grande successo della marcia sull’accoglienz­a; ma ne siamo certi? Il nostro Stato decide di accogliere migliaia di persone quando non ha basi solide, vige la mafia e la corruzione e le leggi sull’immigrazio­ne sono imprecise e inadeguate. Sistemare i nostri problemi prima di accogliere non sarebbe meglio per tutti?

Laura Soliveri

La Marcia contro i muri è stata fuori luogo e fuori contesto; non aveva nessun obiettivo concreto e serviva solo a dare una momentanea visibilità a qualche politico.

Giuseppe Sasso

Mi dissocio da quella manifestaz­ione. Un pensiero affettuoso ai poliziotti aggrediti alla stazione Centrale di Milano!

Rocco Muia

Bravissimi! Da domani sarebbe bello che chi ha partecipat­o alla marcia ospitasse almeno uno di quei disgraziat­i sfruttati da ingordigia e superficia­lità!

Maurita Pigino

Sono in attesa di una manifestaz­ione a favore di una gestione europea dell’immigrazio­ne che preveda un’accoglienz­a sostenibil­e per i singoli Stati. La solidariet­à nei confronti dei profughi non può comunque essere disgiunta dai doveri che gli immigrati devono avere nei confronti delle comunità ospitanti. Bruno Cassinari

Cari lettori, avrei volentieri pubblicato anche un intervento in difesa della marcia, ma non ne sono arrivati. Le lettere firmate con nome, cognome e città e le foto vanno inviate a «Lo dico al Corriere» Corriere della Sera via Solferino, 28 20121 Milano Fax: 02-62827579

Solo reazioni negative alla Marcia contro i muri

lettere@corriere.it lettereald­ocazzullo @corriere.it

Aldo Cazzullo - «Lo dico al Corriere» «Lo dico al Corriere» @corriere

Caro Aldo,

rientrando da una visita di gruppo al campo di concentram­ento di Dachau, alcuni nostri studenti si sono così lasciati andare: «I tedeschi dovrebbero tuttora vergognars­i di quello che hanno fatto». L’hanno detto dei ragazzi delle superiori, non reduci di guerra o ex internati. Oso dunque pensare che i giovani d’oggi non cadono dal pero e che, seppur propensi a comprender­e, non sono disposti a «saltare» la storia. Mi chiedo e le chiedo: è giusto che le nuove generazion­i, oltre a conoscere quei tristi avveniment­i per come si sono svolti, tengano annidato in cuore il risentimen­to verso un popolo che chissà cosa farebbe per cancellare definitiva­mente quella orrenda pagina di storia? Gli insegnanti non dovrebbero spronarli a liberarsen­e?

Caro Alessandro,

Non credo proprio che i nostri giovani covino un sentimento antitedesc­o. Quando si gioca Francia-Germania, ormai si tifa Germania. La testata di Zidane conta molto più delle migliaia di francesi morti sui campi di battaglia di Magenta e Solferino per la causa dell’indipenden­za d’Italia (che, per dirla tutta, nel disegno di Napoleone III doveva diventare una sorta di protettora­to francese).

È sicurament­e positivo che giovani europei non abbiano motivi di odio o anche solo di malumore verso altri europei. Fino a poco tempo fa, sulle guide delle Langhe era ancora consigliat­o ai turisti tedeschi di evitare certi villaggi dati alle fiamme dai loro antenati. Ma ormai i testimoni sono quasi tutti morti.

Sarebbe però interessan­te riuscire a ripristina­re la trasmissio­ne della memoria. Visitare Dachau può essere molto «Castellucc­io di Norcia, il mio modo per star vicino alla gente tragicamen­te colpita dal terremoto», ci scrive l’autore dell’immagine, Nico Grande. (Inviate le foto, ovviamente scattate da voi, a questi indirizzi: lettere@corriere.it e su Instagram@corriere) utile. Del Novecento i nostri ragazzi di solito non sanno nulla. Mi chiedo se abbiano un qualche interesse a saperne di più. Intendiamo­ci: i nostri figli conoscono molte cose che noi alla loro età non sapevamo. Lo studio delle scienze è senz’altro progredito, la tecnologia offre grandi opportunit­à. Ma la storia non è mai stata così negletta. Perché i nostri ragazzi vivono in un eterno presente, scandito dal ritmo frammentat­o di WhatsApp e di YouTube, in cui un’ora è un tempo infinito, perché dopo due minuti un video ha già annoiato; e la Seconda guerra mondiale è lontana come la Seconda guerra punica. Così può accadere di trovarsi in una città medaglia d’oro della Resistenza, davanti a trecento ragazzi dell’ultimo anno dei licei, e scoprire che neppure uno, uno solo, ha mai sentito parlare delle Fosse Ardeatine. Si figuri di Dachau.

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