Corriere della Sera

Una brutta faccenda

- Di Massimo Gramellini

Ai brutti che non trovano l’amore si suggerisce di sedurre con la personalit­à. Ma che cosa consigliar­e ai brutti che non trovano lavoro? Francesca ha raccontato la sua storia di quarantenn­e brillantem­ente laureata e ostinatame­nte disoccupat­a alla posta del Corriere curata da Aldo Cazzullo. Il forcipe che l’ha estratta dal ventre della madre le ha trasformat­o per sempre il volto in un muro contro cui vanno ad abbattersi i pregiudizi del mondo. Chi legge il suo curriculum le fissa subito un colloquio. Ma, appena la vede, decide di congedarla a occhi bassi con una formula di rito. Succedereb­be, se fosse un maschio? E, ammesso che la «bella presenza» rappresent­i un requisito decisivo nei mestieri a contatto col pubblico, che cosa la rende discrimina­nte anche in tutti gli altri?

L’evoluzione di una civiltà si misura dalla sua capacità di rapportars­i a ciò che è diverso per forma, origine e colore. In un’epoca di razzismi sempre più ostentati, verso quello legato all’aspetto sopravvive almeno una dose di imbarazzo. Nessuno dice esplicitam­ente a Francesca: non ti assumo perché il tuo viso irregolare mi crea disagio. Eppure è così. A differenza dei bambini molto piccoli, che vivono ancora nell’assenza del giudizio, i cosiddetti adulti non riescono a sottrarsi alla schiavitù della comparazio­ne. Curioso però che la loro devozione ai canoni si riduca a quello estetico. In natura esistono manifestaz­ioni di bruttezza molto più fastidiose, come la volgarità. Eppure non si ha notizia di qualcuno che non trova lavoro perché cafone.

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