Una brutta faccenda
Ai brutti che non trovano l’amore si suggerisce di sedurre con la personalità. Ma che cosa consigliare ai brutti che non trovano lavoro? Francesca ha raccontato la sua storia di quarantenne brillantemente laureata e ostinatamente disoccupata alla posta del Corriere curata da Aldo Cazzullo. Il forcipe che l’ha estratta dal ventre della madre le ha trasformato per sempre il volto in un muro contro cui vanno ad abbattersi i pregiudizi del mondo. Chi legge il suo curriculum le fissa subito un colloquio. Ma, appena la vede, decide di congedarla a occhi bassi con una formula di rito. Succederebbe, se fosse un maschio? E, ammesso che la «bella presenza» rappresenti un requisito decisivo nei mestieri a contatto col pubblico, che cosa la rende discriminante anche in tutti gli altri?
L’evoluzione di una civiltà si misura dalla sua capacità di rapportarsi a ciò che è diverso per forma, origine e colore. In un’epoca di razzismi sempre più ostentati, verso quello legato all’aspetto sopravvive almeno una dose di imbarazzo. Nessuno dice esplicitamente a Francesca: non ti assumo perché il tuo viso irregolare mi crea disagio. Eppure è così. A differenza dei bambini molto piccoli, che vivono ancora nell’assenza del giudizio, i cosiddetti adulti non riescono a sottrarsi alla schiavitù della comparazione. Curioso però che la loro devozione ai canoni si riduca a quello estetico. In natura esistono manifestazioni di bruttezza molto più fastidiose, come la volgarità. Eppure non si ha notizia di qualcuno che non trova lavoro perché cafone.