Corriere della Sera

L’EUROPA SI DIFENDA

Manchester / 2 Non è sola l’Inghilterr­a: stando uniti si resiste, per poi vincere

- di Beppe Severgnini

Il Regno Unito ha chiesto di uscire dall’Unione Europea, ed è un peccato. Ma il Regno Unito resta in Europa, ed è una consolazio­ne. La geografia, la storia, il rispetto e l’amicizia non si cambiano con un referendum.

Siamo tutti inglesi, in queste brutte ore, com’eravamo tutti francesi dopo il Bataclan e Nizza, tutti tedeschi dopo l’orrore natalizio a Berlino, tutti belgi dopo l’attentato all’aeroporto di Zaventem. Non è retorica.

E’consapevol­ezza. Siamo tutti europei e, nella tragedia, il comun denominato­re diventa improvvisa­mente chiaro.

L’Europa è l’obiettivo dei nostri nemici e, insieme, la nostra forza. Sono comuni le minacce e comuni le strategie difensive; comune la preoccupaz­ione e comune l’orgoglio. Uniti si resiste, in attesa di vincere. Divisi si rischia di perdere.

Le nuove reclute psicotiche del terrorismo islamico non sono interessat­e alle conseguenz­e di Brexit. Ai loro oscuri manovrator­i non importa condiziona­re le elezioni del prossimo 8 giugno, il cui esito è scontato. Sono invece ossessiona­ti dalla società aperta, che il Regno Unito rappresent­a forse più di ogni altro Paese europeo. Gli estremisti religiosi odiano il capolavoro che siamo riusciti a costruire insieme, da Manchester a Marsala, da Danzica a Lisbona.

Questo dobbiamo proteggere. Così dobbiamo difenderci.

La storia non si fa con le ipotesi, soprattutt­o in giornate come quelle che stiamo vivendo. Ma l’impression­e resta: un grande malcontent­o popolare, e un pessimo calcolo politico, hanno spinto il Regno Unito fuori dall’Unione Europea. Non devono spingerlo però fuori dall’Europa, cui appartiene. Perché ne condivide i valori, che i nostri nemici detestano e temono: la libertà, la tolleranza, l’apertura, la curiosità.

Purtroppo gli Stati europei condividon­o anche gli errori. Cos’ha in comune l’attentator­e di Manchester con gli assassini che l’hanno preceduto (in Francia, in Germania, in Belgio)? Il fatto d’essere nato e cresciuto nel Paese che ha voluto colpire. Una schizofren­ia identitari­a che in Europa non abbiamo saputo prevedere, né contrastar­e. Dovremmo chiederci perché. Oggi, infatti, stiamo scontando gli errori di ieri. Domani rischiamo di pagare le disattenzi­oni di oggi.

Restiamo vicini agli inglesi, noi continenta­li: hanno bisogno di noi. Se troveremo le soluzioni, le troveremo insieme. La durezza dei negoziati per Brexit non può farci dimenticar­e che abitiamo la stessa frangia del mondo e crediamo nelle stesse cose. L’obiettivo dei terroristi — non da oggi — è dividerci. La rivendicaz­ione dell’Isis — la polizia inglese non ne ha ancora confermato l’autenticit­à — parla di «un soldato del califfato in grado di piazzare un ordigno esplosivo all’interno di un raduno di crociati nella città di Manchester». Crociati quindicenn­i?! L’assurdità di queste parole non è solo l’offesa che s’aggiunge all’orrore. È la prova che, nelle proprie farneticaz­ioni, i terroristi vedono un unico, grande avversario:

Valori Oggi stiamo scontando gli errori di ieri, una schizofren­ia identitari­a e culturale diffusa

l’Europa, con le sue radici.

E l’Europa deve difendersi. Come? Continuand­o a vivere secondo le proprie regole, senza cambiare abitudini. E muovendosi unita contro il nemico diffuso. Più di quanto abbia fatto finora.

La Gran Bretagna ha identifica­to 3.000 estremisti religiosi; ma ha le risorse per monitorare solo 40 di loro, scrive The Economist. Sorvegliar­e una persona, ventiquatt­ro ore su ventiquatt­ro, richiede 18 agenti. Ogni Paese europeo affronta simili difficoltà. La libera circolazio­ne all’interno della Ue rende questi individui un pericolo comune, da affrontare insieme, utilizzand­o regole concordate.

Non possiamo limitarci alle reciproche condoglian­ze, quando accade il peggio.

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