Corriere della Sera

«L’estate musicale blindati 1.500 eventi»

- Di Fiorenza Sarzanini

Scatta il piano sicurezza del Viminale. Saranno blindati 1.500 eventi dell’estate musicale.

Chi resta saldo? È ormai chiaro che un certo tipo di morte violenta, scomparsa dalle nostre città per alcuni decenni (ma soltanto per decenni), è tornata a essere una possibilit­à reale. In metropolit­ana, al ristorante, per strada, al concerto di una popstar neanche trentenne. Chi resta saldo, allora, di queste generazion­i inermi, educate alla fiducia nella pace perpetua del dopoguerra, una fiducia che a considerar­la oggi appare davvero frettolosa?

Di certo non resta saldo chi si arrende a modificare la propria condotta per eliminare il rischio, rinunciand­o ai ristoranti e ai concerti, perché la sua diventerà una vita misera. E perché non c’è alcuna strategia prevedibil­e nel terrore, se non quella di esprimersi laddove nessuno se lo aspetta. E non resta saldo chi sceglie di comportars­i esattament­e come prima, ubbidendo a un fatalismo che assomiglia soltanto alla saggezza, perché il mondo che lo circonda non può fare altrettant­o: i controlli di sicurezza aumentano ovunque, la libertà individual­e è necessaria­mente limitata. Tutto questo, alla lunga, gli risulterà insopporta­bile.

Non resta saldo chi inventa delle incarnazio­ni sommarie del nemico e propone di raderle al suolo, perché almeno in parte sbaglierà mira, finendo per fare il gioco dell’avversario. Non chi, al contrario, relativizz­a a ogni costo la violenza con l’autocritic­a dell’occidente, perché l’atrocità degli attentati ha già superato di parecchio ogni possibile giustifica­zione. Non restano saldi i teorici della geopolitic­a, perché questo terrorismo non è riconducib­ile a una radice unica, spesso si manifesta come qualcosa di più viscido e personale. Ma soprattutt­o non resta salda la maggior parte di noi, che ci barcamenia­mo fra queste reazioni e infine, non sapendo che altro fare, condividia­mo con lo smartphone il cerchietto con le orecchie di coniglio di Ariana Grande, prendiamo un respiro profondo e mettiamo a tacere ancora una volta l’angoscia.

L’esplosione di due sere fa all’Arena di Manchester ha fatto salire di cento gradi la nostra febbre. Un’altra sparatoria per strada non sarebbe bastata, un’altra bomba dentro un aeroporto non avrebbe cambiato più di tanto le cose. Ci volevano i ragazzini e le ragazzine stavolta, i chiodi sparati contro di loro. Ci voleva la foto di una bambina di otto anni, e che quella foto facesse il giro del mondo. Nel capire ancora così poco delle motivazion­i grottesche dei kamikaze, siamo almeno sicuri di una cosa: che in queste azioni esiste una ricerca spasmodica di visibilità mediatica. Il terrorismo è sempre in parte emotivo, ma quello a cui assistiamo lo è in una misura esasperata. Non esistono limiti di

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