Corriere della Sera

Aveva 89 anni

Addio a Roger Moore seduttore elegante James Bond in 7 film

- Di Maffiolett­i, Persivale Porro

Nato a Stockwell, Londra, il 14 ottobre 1928, figlio di un agente di polizia, morto ieri in Svizzera, Roger Moore è stato uno dei signori del cinema inglese, erede di quella generazion­e di «sir» come David Niven e Stewart Granger, che sapevano tirar di spada ma sempre con signorilit­à, accomodand­osi poi la giacca e bevendo un cocktail.

Dopo aver abbattuto come 007 cattivi di ogni ordine e grado, killer dai denti di squalo, con un braccio solo o con tre capezzoli, è stato vinto dal cancro, all’età di 89 anni inoltrati, ben vissuti e recitati. Anche se Moore ebbe una cotta scespirian­a che lo portò a seguire i corsi drammatici, la sua carriera è stata al top nazionalpo­polare, partendo come un aitante alto 1,84 in Diana e la cortigiana. Scelte mirate: prima tv di successo come Il Santo, poi i telefilm Attenti a quei due con Tony Curtis, indi la più longeva serie del cinema, 007. L’agente segreto è al servizio di sua maestà dal 1962 ed è tuttora in carica, mutati sei volti e sei interpreti in 24 episodi, passando dal gadget al computer, arrivando con Skyfall di Mendes a superare il miliardo di dollari d’incasso. Lifting totale, si passa dalla Russia nemica ad amica, da Ursula in bikini a un scappa e fuggi della Bellucci.

Nel frattempo sua maestà vera, Elisabetta, ha nominato Roger Moore cavaliere dell’impero. Il pubblico oggi non lo ricorda giovane con Liz Taylor (L’ultima volta che vidi Parigi), ma lo identifica come il più attivo tra i sei Bond: è stato, dopo il criticato Lazenby, l’erede dello scozzese Connery. Ha girato in panorami da sogno e da incubo, un carnet di viaggi eccezional­e, dalla Thailandia alle nevi austriache e canadesi, dall’India a una Venezia con gondola motoscafo: ogni volta una Bond girl nuova (Barbara Bach, Carole Bouquet, Jane Seymour) e una Bond song. Sette episodi, sei sulla Terra uno sulla Luna (Moonraker, d’obbligo dopo Star Wars): da Vivi e lascia morire di Guy Hamilton, ’73, con folle corsa tra le paludi in Louisiana a Bersaglio mobile di John Glen, ’85, quando Moore ha ormai 58 anni e li sente, ma ha regalato intanto ai producers Saltzman (dimissiona­rio) e Broccoli, un box office senza rivali.

Gli inizi dell’attore furono da self made hero: fattorino in studio di animazione, comparsa, infine si iscrive ai corsi e da attore fa il soldato, recitando per le truppe. Per il piccolo schermo, allora davvero piccolo e concavo, cavalca nella tradizione di Ivanhoe (tv dei ragazzi ’58), ed è il beniamino dai modi eleganti di Il Santo, il ladro gentiluomo Simon Templar (62-69) e Attenti a quei due telefilm a lunga gittata arrivato in Rai nel ‘73. Sono il lasciapass­are per accettare, ma con plus valore ironico, l’agente segreto di Fleming che divertiva molto Fellini, ruolo che gli darà fama, onore e un pezzo di mitologia non ancora digitale.

Gran parte della sua carriera sta in questo agente che ci salva continuame­nte, in guerre fredde o calde, da perfidi nemici intenti a impadronir­si del mondo, anche un russo che vuol far saltare in aria un circo a Berlino (Steven Berkoff drammaturg­o arrabbiato), Telly Savalas e Donald Pleasance. Fra i suoi Bond alcuni sono di pregio, anche per le sceneggiat­ure di Tom Mankiewicz: La spia che mi amava contro lo squalo killer dai denti di acciaio e Octopussy

con Kabir Bedi-Sandokan e un mini sottomarin­o a forma di coccodrill­o; in L’uomo dalla pistola d’oro il villain Scaramanga aveva tre capezzoli.

Tra i film non bondiani da ricordare I 4 dell’Oca selvaggia, Ci rivedremo all’inferno, Amici e nemici, ma forse Moore era più a suo agio nello stile brillante, il gangster movie per famiglie più che seduttore con la pistola di 007 sempre impegnato a spegnere la miccia che farà saltare in aria il mondo. Comunque la soddisfazi­one per Moore fu nell’83 battere il rivale Connery che era tornato Bond con l’apocrifo Mai dire mai e fu la sfida storica dei due agenti segreti.

Scelte Esordi shakespear­iani Poi scelte mirate come le serie «Ivanhoe» e «Il Santo»

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