Il bersaglio facile dell’Isis per «punirci» due volte
L’attentatore di Manchester, Salman Abedi, ha scelto un bersaglio facile. Lo ha fatto per opportunità pensando che ci sarebbero stati meno controlli, visto il pubblico di giovanissimi, con molte ragazzine. Al tempo stesso, nella sua testa di killer con in mente le direttive dello Stato Islamico, ha pensato che lo scempio di adolescenti ci avrebbe puniti due volte. Colpendo le vite innocenti e aumentando l’orrore perché chissà quanti oggi si sono immedesimati in genitori e figli. Barbarie peraltro già vista ad altre latitudini. I terroristi non fanno differenze tra militari e civili, tra adulti e minori. Come prescrivono i loro manuali è permesso assassinarli. L’attacco all’Arena rientra purtroppo nel sentiero aperto molto tempo fa. La festa pubblica, lo show sono target ideali e ripetuti. Lo ricordano i nomi: la sala da concerti Bataclan di Parigi, il night club Pulse a Orlando, i fuochi d’artificio sulla Promenade des Anglais a Nizza. Sono target poco protetti, anche la sola calca — se la gente fugge in preda al panico — può fare danni, gli spazi ristretti di un corridoio o di una platea si trasformano in trappole letali. Di nuovo i magazine online dell’Isis lo hanno spiegato, aggiungendo molti consigli sul modus operandi. E negli ultimi mesi il volume della retorica con l’esortazione a spargere sangue è stato alto, sospinto dagli slogan dello Stato Islamico ma anche da quelli del figlio di Osama, Hamza. In questo caso poi il «soldato del Califfato» — sempre che la rivendicazione sia autentica — ha utilizzato un ordigno in apparenza non sofisticato, reso più micidiale dall’aggiunta di schegge (chiodi, bulloni), tecnica vista centinaia di volte. Ed è entrato in azione alla fine dello spettacolo, nella parte più esterna dell’impianto, per mimetizzarsi tra la folla di spettatori e senza dover raggiungere, ad ogni costo, l’interno. Ulteriore variazione all’assalto con armi da fuoco, al veicolo ariete, ai pugnali. E’ quasi inutile speculare quanto sia pianificato: è una minaccia fluida che si adatta e cambia, torna all’antico. Le indagini dovranno svelare alcuni punti chiave. Abedi ha costruito da solo l’ordigno? E’ stato diretto dall’Isis, come farebbe pensare il comunicato? O ispirato? È davvero un kamikaze o la carica è deflagrata mentre la stava piazzando? Ha contato su una rete d’appoggio? Non pensiamo a un network, può bastare anche un amico o un parente, cosa avvenuta per l’attacco di Boston. Le risposte potrebbero evitare altre sorprese.