Corriere della Sera

Abedi, lo studente e la sua rete libica

- Fonte: Reuters mila spettatori Holiday Inn e Premier Inn, Corriere della Sera Lorenzo Cremonesi

DAL NOSTRO INVIATO Victoria station Manchester Piccadilly station

«Un tipo strano Salman Abedi. Abbastanza solitario, poco visibile, tranne negli ultimi tempi che era più spesso con amici e rientrava tardi la sera», dicono del terrorista i vicini di casa. Curioso vero? Quante volte ormai le figure degli attentator­i jihadisti che seminano terrore e morte nelle città europee ci sono inizialmen­te raccontate come personaggi isolati, quasi ai margini, persino gentili e riservati. Salvo poi scoprire che solitari non lo erano affatto e anzi godevano di una rete di aiuti e omertà ben più ampie di quanto credessimo. Il quotidiano della capitale francese Le Parisien ipotizza persino legami tra le cellule di Manchester e quelle franco-belghe.

Ieri sera, verso le 20, una ragazzina che abita nella villetta a due piani di mattoni rossi con il giardino ben curato di fronte e le aiuole tagliate di fresco molto simile a quella del terrorista suicida residente a Esmore road, nel quartiere di Fallowfiel­d, solo cento metri più distante, ha inforcato la bici e ci è corsa dietro per sussurrare una frase veloce: «Non credete a quello che dicono qui i miei genitori e i nostri vicini. In verità Salman Abedi aveva un mucchio di amici nel quartiere. E qui dove c’è la porta marrone risiedono i cugini, tutti libici come lui, che adesso si sono chiusi in casa e non vogliono dire nulla. Eppure sono legatissim­i».

Seguiamo le indicazion­i della ragazzina e torniamo a bussare alla casa indicata. Due uomini di colore sulla trentina che vivono nella villetta accanto provano a dissuaderc­i: «Inutile, non c’è nessuno. I libici sono partiti. Perdete tempo». E invece un ragazzo giovane e alto improvvisa­mente spalanca l’uscio. «Libico? Parente di Abedi?», chiediamo a bruciapelo. Lui fa un passo indietro, sorpreso. Poi risponde con accento arabo: «No, siamo afghani» e chiude violento la porta. Fine dell’inchiesta. Ma molto

TrinityWay Parcheggio indicativo delle difficoltà che incontra ora la polizia inglese per investigar­e l’identità del terrorista, i suoi contatti, il percorso che l’ha condotto a massacrare almeno 22 persone e ferirne gravi decine di altre nel cuore della città dove era nato nel 1994. Per ora abbiamo alcuni dettagli della sua biografia. Il capo della polizia di Manchester, Ian Hopkins, hanno fatto intendere di credere sempre meno alla teoria del «lupo solitario» e propendere invece per quella di un gruppo organizzat­o e legato all’Isis, dove qualche esperto di esplosivi gli ha consegnato l’ordigno infarcito di pezzi di ferro. Se la premier Theresa May ha alzato il livello di allerta è perché c’è la convinzion­e che attorno al ragazzo ci sia un network.

Sappiamo che da tempo, forse un paio d’anni, era sotto osservazio­ne degli agenti, che Cheetha m Hill Road studiava Economia alla Salford University. Terzultimo di quattro figli avuti da una coppia di profughi politici libici fuggiti in Gran Bretagna dalla repression­e del regime di Gheddafi già a fine anni Ottanta, aveva la cittadinan­za britannica. «I libici sono una componente molto importante della comunità musulmana di Manchester. Odiavamo i Gheddafi», spiega il 61enne Mohammad Abdul Malek, imam di origine tripolina che dirige la «Muslim Youth Foundation», la cui sede dista poche centinaia di metri dal luogo della strage. A suo dire, sui due milioni e mezzo di abitanti nella zona della «Grande Manchester», circa 300.000 sarebbero musulmani e tra questi 16.000 risultereb­bero libici. «Io, come tanti tra noi, sono un seguace dei Fratelli Musulmani è il nostro movimento più importante». Secondo il Telegraph, i coniugi Abedi avrebbero vissuto a Londra una decina d’anni prima di traslocare a Manchester, dove la vita costa molto meno che nella capitale. Qui hanno dato alla luce tre figli e una ragazza. E pare che da un paio d’anni siano tornati nella zona di Tripoli, lasciando a Manchester Salman e il fratello oggi 23enne Ismahil, nel frattempo arrestato. I due erano spesso assieme.

«Mai avremmo pensato che tra noi potesse vivere un criminale di questa risma. Anche se due anni fa ci eravamo inquietati per la vicenda di Zahra e Salma Halane», afferma il 53enne Peter Johnes, a sua volta vicino degli Abedi. Il riferiment­o è a due gemelle che nel 2015 fecero scalpore per la loro scelta di abbandonar­e la famiglia e gli studi per unirsi ai ranghi dell’Isis in Siria. Di certo è che la scuola di Abedi non è molto distante da quella delle ragazze. Altri vicini rivelano alla stampa di aver visto i due fratelli cantare inni dell’Islam radicale. Ieri pare sia stato arrestato Ismahil nella sua abitazione di Curry Mile, non lontano da quella di Salman.

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