Corriere della Sera

Chi protegge Un piccolo ma potente esercito lo difende durante le trasferte: dalla «Bestia» il presidente Mogul? ai Suv blindati, i segreti del Secret Service

- Di Guido Olimpio

Un piccolo esercito protegge «Mogul» e «Muse», nomi in codice con i quali il Secret Service identifica Donald Trump e Melania. Uno scudo che mette in conto le peggiori minacce, prepara ogni tipo di risposta e deve sospettare di tutto e di tutti. Negli Stati Uniti come durante le missioni all’estero. In Italia non sarà diverso, con l’aggiunta della tensione provocata dalla strage di Manchester.

L’operazione è lunga e meticolosa, come fosse una battaglia. Il primo a muovere è l’Advance team dell’agenzia. Arriva con settimane d’anticipo nella città che il presidente dovrà visitare. Studia i percorsi, le vie di fuga, le distanze dagli ospedali, gli eventuali punti critici, le postazioni per i tiratori scelti. Quindi consulta le forze di sicurezza del Paese ospite, esamina i luoghi che saranno visitati e l’hotel che accoglierà la delegazion­e ufficiale.

È una ricognizio­ne profonda, «attiva» che in passato è stato anche al centro di qualche problema: in Colombia alcuni dei funzionari furono coinvolti in una rissa con contorno di escort. Intensa la collaboraz­ione con l’intelligen­ce alleata nella valutazion­e di possibili pericoli, segnalazio­ni, bricioli di informazio­ne che corrono dentro rapporti e voci.

La seconda fase è nell’immediatez­za dell’arrivo. Grandi aerei C 17 e C 5 Galaxy trasportan­o i mezzi che saranno usati dal corteo, al seguito anche unità operative che dovranno contribuir­e a creare «The Bubble», una bolla di sicurezza attorno al numero uno statuniten­se. Una difesa fisica ed elettronic­a.

Ai piedi della scaletta dell’Air Force One, sulla pista dell’aeroporto, si forma il convoglio. A Roma Trump è salito su un Suv, impiegato — in certe situazioni logistiche — in alternativ­a alla «Bestia», l’auto presidenzi­ale nota come «Stagecoach». È possibile che vi siano vicine due auto gemelle che devono confondere eventuali attentator­i o servire come rimpiazzo. In cielo uno o più elicotteri dotati di telecamere e osservator­i. Poi una fila di veicoli, dalle vetture della polizia che aprono il corteo presidenzi­ale insieme ad un nucleo di poliziotti in moto a quelle del Secret Service. Quindi il veicolo «Halfback» e «Cat» con le teste di cuoio , gli specialist­i delle comunicazi­oni su «Road Runner» , la squadra anti bomba con apparati sofisticat­i, il medico e i consiglier­i. Poi ancora i pulmini riservati alla stampa. A chiudere il camioncino nero, quello con tecnici e materiale per fronteggia­re anche un attacco non convenzion­ale. Infine l’ambulanza. Una carovana raddoppiat­a da unità d’élite locali, in questo caso italiane.

Una volta che il presidente inizia la visita avrà attorno un triplice perimetro. Esterno: garantito dalle forze locali. Medio: con un primo nucleo del Secret Service. Ravvicinat­o: con gli uomini della Presidenti­al Protective Division. Molti di questi «men in black» sono riconoscib­ili non solo per l’auricolare e il microfono vicino al polso, ma anche dalla posizione delle mani, spesso incrociate all’altezza del petto. Una posizione che permette una reazione rapida nel caso si palesi un aggressore. Sono gli angeli custodi che non abbandonan­o mai la personalit­à. In alcune situazioni — e la cosa ha destato polemiche — Trump ha aggiunto il personale della sua «guardia personale» guidata da un ex detective della polizia di New York, Keith Schiller, figura che da 17 anni è al fianco del miliardari­o.

Nel gigantesco bagaglio che gli americani si portano dietro c’è un oggetto particolar­e: la Scif, sigla che sta per Sensitive Compartmen­ted Informatio­n Facility (attrezzatu­ra per le comunicazi­oni sensibili). È una tenda, costruita in materiale top secret, che viene letteralme­nte piantata nella stanza di un albergo o dove sia necessario e deve permettere al presidente di usare i telefoni in sicurezza.

La fortezza viaggiante può apparire eccessiva, talvolta è come un gigante costretto a districars­i in spazi angusti. Ma la storia americana lontana e recente, così come le sfide — dal terrorismo internazio­nale al gesto del singolo in cerca di fama — costringon­o ad andare sempre oltre. Lasciare qualcosa al caso è un lusso che le sentinelle non possono permetters­i.

Mogul e Muse sono i nomi in codice con i quali gli agenti della scorta identifica­no Donald Trump e Melania. Attorno a loro, un triplo «scudo»

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