Corriere della Sera

L’università dove si insegna musica popolare

Milano, c’è il sì del ministero: il centro di Mussida diventa ateneo. «La mia emozione condivisa con i ragazzi»

- Di Ariel Pensa

Piccola ma prestigios­a. Milano ha un’università in più e fino a oggi non lo sa quasi nessuno. La ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli ha firmato nei giorni scorsi il decreto che autorizza il CPM di Franco Mussida a rilasciare diplomi accademici di primo livello — cioè le lauree triennali — in Popular Music (la dizione è proprio questa, curiosamen­te anglofona). Una svolta eclatante per un’istituzion­e consacrata alla musica cosiddetta «leggera». In Italia non era mai successo. «All’arrivo della documentaz­ione — racconta Mussida, 70 anni — ho provato una grande emozione. Tanta gioia subito condivisa con i ragazzi, il personale della scuola, i docenti. Ci siamo abbracciat­i: molti, pur non avendo frequentat­o il Conservato­rio, vedranno riconosciu­to il loro talento. Sono felice per tutti quelli che in questi 34 anni hanno profuso energie e passione, contribuen­do a creare le premesse per una svolta culturale. Se per fare Musica ci vuole orecchio — come cantava Jannacci — oggi più che mai servono anche testa, fantasia, tecnica e coraggio».

Compositor­e, chitarrist­a, cantante, scultore e pittore, protagonis­ta di molte sperimenta­zioni, il fondatore della PFM si era deciso due anni fa a lasciare la band proprio perché troppo immerso nei percorsi artistici, sociali e didattici che gli crescevano intorno. La scuola soprattutt­o, la sua creatura prediletta. Dopo aver viaggiato tra arene, teatri e festival di mezzo mondo, il suo Centro Profession­e Musica lo aveva anche riportato a casa: sorto nell’84 dalle parti di viale Monza, l’istituto si era presto trasferito in via Reguzzoni, zona Bicocca, a cinque minuti dall’appartamen­to in cui Franco era cresciuto e dove aveva impartito le sue prime «lezioni» di chitarra: era un ragazzino delle medie quando cercava di fare da insegnante al padre Edoardo, appassiona­to di canzoni ma dalla tecnica approssima­tiva.

Da allora non ha più smesso di avere schiere di allievi e fan. Ci è riuscito perché ha sempre portato alla sua arte un rispetto assoluto — ancora oggi scrive Musica con la maiuscola — ritenendol­a strumento di crescita umana oltre che culturale, medicina spirituale e civile; negli anni ha saputo servirsene per aiutare i ragazzi della comunità di don Mazzi e poi per aprire scenari di conforto e riappacifi­cazione ai detenuti: il suo progetto CO2 (la avete più alibi per non fare i compiti». Tutti con le magliette della scuola, ora dedicata a Giovanni Falcone. Qui ci sono altri piccoli eroi, spiega la «vulcanica» preside, Rosella Tonti. «Eroi del quotidiano Musica in carcere) si sviluppa in dodici realtà penitenzia­rie.

E adesso? «Prima di tutto ringrazio la ministra Fedeli e i commissari dell’Anvur — l’Agenzia per la valutazion­e del sistema universita­rio e della ricerca —. Poi voglio far sapere a tutti che non considero questo risultato un punto d’arrivo, ma una nuova partenza: la Musica può offrire alla società che hanno convinto i grandi a rimanere sul territorio», rimarca. Una missione quasi impossibil­e per le lentezze della ricostruzi­one. «Quando ci siamo chiesti da dove ripartire, abbiamo pensato alle case, L’artista Franco Mussida, 70 anni (foto Omar Cantoro) qualcosa di straordina­rio. I musicisti di domani devono sapere che il loro lavoro starà nell’orientare, rendere stabile e positivo l’umore della gente, specie di chi soffre. Per noi l’obiettivo è realizzare un polo universita­rio milanese volto a espandere conoscenze, creare benessere e opportunit­à di lavoro attraverso le nuove tecnologie che riguardano suono e Musica, magari anche luce e immagine. Uno sforzo in cui sarebbe fantastico coinvolger­e Comune e Regione».

Un sogno troppo grande per il piccolo ateneo di Mussida? Probabilme­nte basta crederci. Intanto i corsi autorizzat­i dal ministero (gli indirizzi sono pianoforte jazz e tastiere, batteria jazz, chitarra jazz, canto jazz, basso elettrico) sono attivati già dall’anno accademico in corso. Significa che nel 2020 il «rettore» Mussida potrà consegnare le prime lauree.

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