SU LAVORO E WELFARE UN NUOVO ISTITUTO MA DEVE POTER FUNZIONARE
Nel panorama degli enti pubblici c’è una new entry. Si chiama Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche (Inapp) e il suo compito sarà monitorare, valutare e contribuire alla progettazione delle «riforme», in particolare quelle sul lavoro e sul welfare. Di nuovo l’Inapp ha per ora solo il nome e il presidente (Stefano Sacchi). La struttura e il personale sono infatti quelli dell’Isfol, creato negli anni Settanta per promuovere le indagini e sperimentazioni nel campo della formazione professionale e poi allargatosi anche alla gestione di programmi cofinanziati dalla Ue. C’era bisogno di cambiare? Decisamente sì, l’Isfol era diventato un centro senz’anima: ricerche e rapporti pressoché clandestini e senza impatto sul policymaking; coinvolgimento diretto nell’attuazione di politiche, un compito che richiede competenze molto diverse da quelle di chi vuole fornire conoscenze utili e strategiche ai governi. Di queste conoscenze abbiamo oggi bisogno come il pane. In Italia le cosiddette riforme si fanno quasi sempre senza un’adeguata base empirica, avendo in mente obiettivi politici e scegliendo gli strumenti in base a logiche giuridico-contabili. Negli altri Paesi esistono invece centri che fanno programmazione strategica e immettono nel dibattito pubblico analisi e proposte orientate al futuro. I politici ne traggono grande beneficio, temperando la propria inesorabile propensione a privilegiare il presente. Riuscirà Inapp a colmare questa lacuna? L’istituto nasce con uno statuto contorto, che lo lega mani e piedi al ministero del Lavoro e all’Anpal. L’organizzazione interna va ridisegnata, il finanziamento è incerto. C’è il rischio che tutto cambi perché niente cambi. Ma c’è anche un’opportunità davvero importante, che non va sprecata. Sospendiamo il giudizio, in attesa di vedere i primi risultati. Sempre che il governo metta l’Inapp in condizioni di funzionare bene.