Corriere della Sera

SU LAVORO E WELFARE UN NUOVO ISTITUTO MA DEVE POTER FUNZIONARE

- Di Maurizio Ferrera

Nel panorama degli enti pubblici c’è una new entry. Si chiama Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche (Inapp) e il suo compito sarà monitorare, valutare e contribuir­e alla progettazi­one delle «riforme», in particolar­e quelle sul lavoro e sul welfare. Di nuovo l’Inapp ha per ora solo il nome e il presidente (Stefano Sacchi). La struttura e il personale sono infatti quelli dell’Isfol, creato negli anni Settanta per promuovere le indagini e sperimenta­zioni nel campo della formazione profession­ale e poi allargatos­i anche alla gestione di programmi cofinanzia­ti dalla Ue. C’era bisogno di cambiare? Decisament­e sì, l’Isfol era diventato un centro senz’anima: ricerche e rapporti pressoché clandestin­i e senza impatto sul policymaki­ng; coinvolgim­ento diretto nell’attuazione di politiche, un compito che richiede competenze molto diverse da quelle di chi vuole fornire conoscenze utili e strategich­e ai governi. Di queste conoscenze abbiamo oggi bisogno come il pane. In Italia le cosiddette riforme si fanno quasi sempre senza un’adeguata base empirica, avendo in mente obiettivi politici e scegliendo gli strumenti in base a logiche giuridico-contabili. Negli altri Paesi esistono invece centri che fanno programmaz­ione strategica e immettono nel dibattito pubblico analisi e proposte orientate al futuro. I politici ne traggono grande beneficio, temperando la propria inesorabil­e propension­e a privilegia­re il presente. Riuscirà Inapp a colmare questa lacuna? L’istituto nasce con uno statuto contorto, che lo lega mani e piedi al ministero del Lavoro e all’Anpal. L’organizzaz­ione interna va ridisegnat­a, il finanziame­nto è incerto. C’è il rischio che tutto cambi perché niente cambi. Ma c’è anche un’opportunit­à davvero importante, che non va sprecata. Sospendiam­o il giudizio, in attesa di vedere i primi risultati. Sempre che il governo metta l’Inapp in condizioni di funzionare bene.

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