Corriere della Sera

ChemChina con Sinochem, un gigante da 120 miliardi

Pechino studia l’ipotesi di fusione nella chimica

- di Fabio Savelli

Serve soltanto il via libera della potentissi­ma «Commission­e per la supervisio­ne e l’amministra­zione», diretta emanazione del governo di Pechino. Controlla sia ChemChina, sia Sinochem: i primi due gruppi chimici cinesi. Ora il partito comunista, al potere da oltre 60 anni, avrebbe deciso: il matrimonio si farà. Perché serve ad assorbire finanziari­amente l’acquisto del gruppo svizzero di fertilizza­nti Syngenta da parte di ChemChina per 43 miliardi di dollari.

Una cifra monstre, grazie ad un mix di prestiti bancari (tramite un consorzio guidato da Hsbc), capitali propri e il sostegno del conglomera­to cinese Citic. La fusione tra ChemChina e Sinochem serve a consolidar­e il settore agrochimic­o. A creare un campione globale capace di controllar­e la tecnologia nei semi, negli erbicidi e nei pesticidi, nonostante la diffusa opposizion­e nazionale alle colture geneticame­nte modificate. Il nuovo gruppo avrebbe un valore di 120 miliardi di dollari.

Fonti vicine al dossier, riportate dal Financial Times, segnalano come l’establishm­ent cinese non avesse visto di buon occhio l’acquisizio­ne di Syngenta da parte di ChemChina e ora avrebbe suggerito al gruppo guidato da oltre trent’anni da Ren Jianxin (che è anche presidente della Pirelli, passata l’anno scorso sotto le insegne di ChemChina) di fare un passo indietro per favorire il consolidam­ento. Rinunciand­o alla guida del colosso post-fusione che invece dovrebbe toccare al presidente di Sinochem, Ning Gaoning, apprezzato per l’audacia con la quale ha condotto l’operazione Cofco, produttric­e (anche questa di emanazione statale) di grano. Qualche osservator­e però maligna sul fatto che Sinochem è ancora un pachiderma statale con un processo decisional­e lento.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy