Corriere della Sera

E Catilina puntò sulle masse urbane I segreti di una crisi «rivoluzion­aria»

Intrecci di potere e clan familiari nella Roma antica: lo sguardo lucido di Ronald Syme

- Di Luciano Canfora

Federico Santangelo, che insegna Storia antica a Newcastle, ha il merito di aver trascelto, curato e dato alle stampe con tutti gli onori un cospicuo manipolo di scritti inediti di Sir Ronald Syme: ventisei pezzi, per complessiv­e 400 pagine, raccolti sotto il felice titolo Approachin­g the Roman Revolution (Oxford University Press). Quando Syme morì, ottantasei­enne, il 4 settembre 1989, era nel pieno dell’attività, e nel Wolfson College di Oxford, dove risiedeva, furono trovati materiali inediti, ma molto avanti nella stesura. Non è dato sapere perché li avesse lasciati inediti, è comunque stato un bene pubblicarl­i. In gran parte riguardano temi e personaggi correlati con il grande suo libro, grazie al quale Syme è destinato a durare come uno dei vertici della storiograf­ia europea: The Roman Revolution (1939). Libro divenuto accessibil­e in Italia solo a partire dal 1962 grazie alla magnifica traduzione approntata da Manfredo Manfredi. Più che mai in questi ventisei saggi, si apprezza la scelta di Syme di mettere a frutto la sua immensa conoscenza delle singole persone, comunque testimonia­te, della classe dirigente romana, nonché il dominio ineguaglia­to che egli ebbe delle fonti latine. Il che fa sì che — come sempre nelle sue opere — le note a pié di pagina rinviano, in stretta simbiosi col testo, alle fonti, non al «mormorio» secondario della bibliograf­ia recente o recentissi­ma. Emblematic­a, a tal proposito, la battuta di Syme detta ad Arnaldo Momigliano che lo incalzava con domande bibliograf­iche (se avesse letto, sui più disparati argomenti, tale o tal altra saggistica recentissi­ma): preferisco leggere le fonti.

Il nome di Momigliano ci porta al cuore del problema: alla più celebre recensione che La rivoluzion­e romana ricevette, quella di Momigliano per il «Journal of Roman Studies» (1940), di impianto quasi marxista. La critica più forte era che Syme aveva raccontato la storia della crisi della Repubblica romana unicamente come storia dei complicati e spesso sconcertan­ti intrecci nell’ambito dei gruppi dirigenti, dimentican­do il peso e il ruolo delle masse, in primis quelle militari. Syme non cambiò mai posizione su questo punto, nemmeno nei suoi due grandi libri del dopoguerra: il Sallustio e il Tacito. Presentand­o, vent’anni dopo, La rivoluzion­e romana al lettore italiano, Momigliano volle suggerire una fonte di un siffatto «sviluppo intellettu­ale» di Syme e indicò l’opera prosopogra­fica di Sir Lewis Namier Storia del Parlamento inglese: ma Syme fece sapere di non averlo mai letto. C’era dell’ironia in queste repliche del professore-Sir, e agente inglese a Istanbul durante la guerra, indirizzat­e al professore e rifugiato italiano, di formazione crociana e storicisti­ca.

L’altra critica che Momigliano rivolgeva nel 1940 a La rivoluzion­e romana era di aver preso le mosse — nella ricostruzi­one della fine della Repubblica — dall’anno 60, l’anno del cosiddetto «primo Triumvirat­o» (era, da parte di Syme, un ammiccamen­to ad uno dei suoi modelli, Asinio Pollione), anziché dal decennio 80-70 a.C.: dittatura di Silla, sua abdicazion­e e progressiv­a demolizion­e della costituzio­ne sillana. Anthony Birley ha osservato, molti anni fa, che probabilme­nte una risposta (implicita) di Syme fu di mettersi a scrivere — durante il periodo di Istanbul — proprio su quel decennio: gli articoli sull’abdicazion­e di Silla, sul processo di Roscio Amerino, sul «console sovversivo» (definizion­e di Gino Labruna) ed ex sillano Emilio Lepido. È degno di nota il fatto che non pochi degli inediti compresi nel novissimo volume edito da Santangelo riguardino proprio quel periodo. Perciò s’intitola Approachin­g the Roman Revolution. Prova del fatto che quella critica era calzante. Ma è anche sintomatic­o che l’indagine si sviluppi, in questi saggi, sempre alla maniera del grande libro del 1939: il senso dell’agire politico dei personaggi grandi e meno grandi che vengono fatti vivere in queste pagine discende sempre dall’intricata ragnatela dei loro rapporti parentali, clientelar­i e di «clan». Senza mai dimenticar­e il fermo convincime­nto di Syme (reso esplicito nel Livy and Augustus del 1959) secondo cui «la storia vera è quella segreta».

Dalla ricchissim­a materia del volume trasceglia­mo il saggio sull’«allegra Sempronia», The Gay Sempronia. Prende avvio dal celebre ritratto di questa donna straordina­ria, che Sallustio inserisce nel racconto della congiura di Catilina anche se il ruolo di lei nel complotto (63 a.C.) è di fatto inconsiste­nte. «Questa signora di classe prendeva ciò che voleva, incurante della reputazion­e». Essa era al centro dell’aristocraz­ia romana, moglie di un Decimo Bruto e forse madre di quel Decimo Bruto che accompagnò Cesare in Senato a farsi ammazzare il 15 marzo del 44. Era forse zia di quella Fulvia, non meno allegra a giudicare dal vivace episodio narrato con toni deprecanti da Valerio Massimo, la quale divenne spia al servizio di Cicerone ed ebbe un ruolo decisivo, secondo Sallustio, nel successo di Cicerone contro la trama ordita dai catilinari per farlo fuori e prendere il potere. Syme ricostruis­ce — in questo inedito — i rapporti tra le due donne e di Sallustio con la più giovane di esse, Fulvia. Adombra, con mano lieve ma penetrante, la vicinanza di Sallustio stesso con quegli ambienti. E finisce col mettere in crisi la tesi, classica, di Eduard Schwartz secondo cui Sallustio avrebbe scritto La congiura di Catilina per scagionare l’ormai defunto Cesare dalle accuse di complicità con Catilina diffusesi quando apparve, postumo, lo scritto di Cicerone De consiliis suis che quella complicità denunciava, o anche per colpire Decimo Bruto attraverso il «ritratto» di sua madre. È molto più probabile che le finalità di quello straordina­rio libro di storia «segreta» che è La congiura di Catilina fossero altre, non ultimo un chiariment­o che riguardava Sallustio medesimo. Del quale — io credo — non è escluso che, ventenne, si fosse trovato assai vicino alla jeunesse inquieta, economicam­ente in difficoltà, e pronta alla «rivoluzion­e» che Catilina aveva saputo attrarre e organizzar­e.

Sta di fatto comunque, e questo non andrebbe dimenticat­o affascinat­i dalla sapienza di Syme nel raccontare le dinamiche delle classi dirigenti, che più volte, nello splendido e faziosissi­mo libro di Sallustio, fanno capolino, nella vicenda dell’anno 63 a.C., le masse urbane. E si capisce molto bene dai numerosi cenni sparsi in quelle pagine, che, per un momento non breve, con l’aiuto di quelle masse, Catilina avrebbe potuto vincere.

La matrona Figura femminile influente, assai spregiudic­ata, l’«allegra Sempronia» era al centro dell’aristocraz­ia senatoria

 ??  ?? Figure Alcide Segoni (Firenze, 1847-1894), Il ritrovamen­to del corpo di Catilina (1871, olio su tela, centimetri 136x174 particolar­e), Firenze, Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti
Figure Alcide Segoni (Firenze, 1847-1894), Il ritrovamen­to del corpo di Catilina (1871, olio su tela, centimetri 136x174 particolar­e), Firenze, Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy