L’ASSENTE EFFICIENTE
LO SMARTWORK NON È PIÙ TABÙ ORA È REGOLATO DA UNA LEGGE
È la rivoluzione silenziosa del lavoro. Mentre ci attardiamo a parlare di voucher e della scomparsa del posto fisso, a volatilizzarsi è il «posto» tout court. Nel senso che arrivi una mattina in ufficio e qualcuno ti spiega che la scrivania non c’è più. Rimane un portatile che ti segue dove vuoi. A casa, dalla suocera, in campagna, al coworking. Affari tuoi. Sta a te organizzarti e portare i risultati a fine mese.
È lo smartwork, bellezza. In Italia una delle prime realtà a proporlo ai dipendenti è stata la Siemens nel 2012. Oggi le grandi aziende che hanno seguito questa strada sono numerosissime. Più facile ormai elencare chi non lo fa. L’amministrazione comunale di Milano ha promosso questa modalità organizzativa fin dagli esordi. Oggi è passata dalla ormai tradizionale «giornata del lavoro agile» a una settimana intera dedicata alla promozione dello smartwork (quella in corso, 22-26 maggio). Un modo per incentivare le aziende che ancora non lo fanno a provare. E portare così benefici ai cittadini: meno traffico nelle strade, prima di tutto.
Il Jobs Act del lavoro autonomo appena approvato dal Senato farà il resto (a breve la pubblicazione in Gazzetta ufficiale). Ora che è più chiaro per le aziende come regolarsi sull’assicurazione per i dipendenti nei giorni in cui sono fuori ufficio, anche gli ultimi ostacoli verso la smaterializzazione del posto e dell’orario di lavoro vengono meno.
All’inizio si cominciò a parlare di smartwork come via alla conciliazione famiglia-lavoro a buon mercato. «Successivamente lo smartwork si è imposto come strumento di innovazione organizzativa — fa il punto la presidente di Valore D Sandra Mori —. Ora viene utilizzato in pari misura da donne e uomini di qualsiasi età. Questo dimostra due cose. Primo, che l’esigenza di conciliazione dei tempi del lavoro con quelli della famiglia e/o personali non è una questione di genere. Secondo che il mondo del lavoro è ormai maturo per una valutazione dell’attività dei dipendenti in funzione degli obiettivi. È un cambiamento epocale che contribuirà al ribilanciamento della gestione dei carichi familiari. Nel nostro Paese l’ostacolo numero uno alla progressione delle carriere delle donne».
L’affermazione del lavoro agile è legata a un dato di fatto molto semplice: le imprese ci guadagnano. Chi in media ogni giorno ha il 10% dei dipendenti a casa a rotazione, riduce gli spazi dedicati agli uffici. Le bollette diventano più leggere e anche le gli affitti. Certo, il dipendente non ha più la «sua» scrivania con la foto dei figli appiccicata al computer. Quando arrivi ti metti dove c’è posto. Ma una volta presa l’abitudine non è poi un dramma.
La cosa vera è che non bisogna farsi prendere la mano. E lavorare alla fine più ore del previsto. Il timore iniziale delle imprese – legato al fatto che il dipendente da casa senza controlli avrebbe lavorato meno – è stato più che smentito. «Il lavoratore in smartwork da casa lavora in media un’ora in più — assicura Mariano Corso, a capo dell’osservatorio sullo smartwork del Politecnico di Milano — . È come se, per ringraziare dell’opportunità, regalasse all’azienda metà del tempo risparmiato evitando i viaggi da e per l’ufficio».
D’altra parte non era difficile arrivarci con il buon senso: i fannulloni riescono benissimo a non lavorare anche stando in ufficio. Senza contare che la confusione degli open space e le riunioni inutili sono spesso un ostacolo imprevisto per chi vorrebbe essere produttivo. «Si riduce l’assenteismo. La produttività del lavoro in media aumenta del 15-20%», spiega Corso.
Certo, se l’aumento di produttività diventa strutturale c’è da immaginare che le aziende potranno fare lo stesso lavoro con meno personale. E l’impatto dello smartwork potrebbe sommarsi a quello dei robot. Ma è anche vero che aziende più competitive potranno conquistare maggiori quote di mercato.
Intanto il sindacato — fino a pochi anni fa restio e diffidente — oggi sembra avere fatto un salto di visione. «Merito degli incentivi alla contrattazione introdotti dal governo Renzi? Può darsi, ma non è solo questo. Evidentemente il sindacato ha capito che non può stare fuori dalla partita. Spesso è più aperto a nuove sperimentazioni delle aziende stesse», constata Corso. Così oggi la maggioranza delle aziende condivide il progetto di smartwork con i rappresentanti dei lavoratori.