L’impiegato? È qui e in altri posti E migliora le relazioni in famiglia
Microsoft paladina del cambiamento. Ma altri colossi americani ci ripensano
Una settimana particolare Sisal ha chiesto ai suoi dipendenti di condividere sui social foto rappresentative della loro esperienza di smartworking una Ibm — pioniera del settore — che negli Stati Uniti ha deciso in questi giorni di richiamare all’ovile più di 2.600 persone attive nel reparto marketing, c’è una Microsoft che continua a puntare sulla flessibilità. «Ovviamente ci sono dei vantaggi a lavorare in ufficio nel campus, perché a pochi metri di distanza ci sono le squadre che si occupano dei vari prodotti. Però ognuno decide a modo suo quando e dove lavorare. Quello che conta alla fine sono i risultati», dichiara al Corriere della Sera Giorgio Sardo, senior director di Microsoft attivo nel quartier generale di Seattle.
In Italia, il colosso fondato da Bill Gates ha introdotto lo smart working più di dieci anni fa. A Milano, in febbraio si è trasferito in una nuova struttura da 7.500 metri quadrati — la Microsoft House — pensata proprio per incoraggiare un’organizzazione delle operazioni più fluida: nell’open space non sono previste postazioni fisse e ognuno può muoversi a seconda delle necessità del momento. Si tratti di dipendenti o di collaboratori. Ad approfittare del passo successivo, che consente appunto di svolgere i propri compiti da qualsiasi luogo ci si trovi previo accordo con il responsabile, con più di 6 giorni al mese di lavoro in retipo moto è il 55 per cento di chi fa capo al nuovo ufficio meneghino. Il dato è in netta crescita rispetto all’11 per cento dello scorso anno. Il 79 per cento di chi ha provato l’esperienza ritiene di averci guadagnato in produttività. Come era prevedibile, anche lo spostamento nel centro del Capoluogo lombardo dalla precedente sede situata a Peschiera Borromeo, comune della città metropolitana di Milano, ha inciso sull’equilibrio casa-lavoro: l’80 per cento dei dipendenti ritiene di aver migliorato la sua cosiddetta «worklife balance», il bilanciamento fra vita professionale e vita privata. E il 75 per cento ha notato un miglioramento delle relazioni con i clienti. Per trasformarsi in una risorsa cui attingere, la flessibilità deve quindi coinvolgere sia la gestione del tempo sia quella dello spazio.
La società, da parte sua, assicura di aver adottato un approccio più attento ai risultati e al contributo individuale a scapito di concetti più tradizionali di gestione del personale, come l’associazione diretta della produttività alla quantità di ore lavorate o alla presenza negli uffici. L’intenzione è di andare incontro anche, e soprattutto, alle donne, che rappresentano il 36 per cento della forza lavoro. L’Osservatorio Smart working del Politecnico di Milano, in realtà, fotografa lo smart worker Come in un salotto Tavolo comune, libreria, un’atmosfera rilassata e flessibile: così si lavora alla nuova sede della Microsoft Italia, in viale Pasubio a Milano, nell’edificio progettato dalla coppia Herzog e de Meuron (Foto LaPresse/ Claudio Furlan) come un uomo, nella bellezza del 69 per cento dei casi, di 41 anni e residente nel Nord del Paese (52 per cento del campione, mentre al Sud si registra solo il 10 per cento). Lo spaccato dell’ateneo milanese sottolinea inoltre come nei nostri confini siano in 250 mila a godere di discrezionalità nella definizione delle modalità di lavoro in termini di luogo, orario e strumenti utilizzati.
Controcorrente
La Ibm ha appena deciso di richiamare all’ovile 2600 persone del reparto marketing
Tornando all’indagine interna della filiale italiana della casa di Redmond, è interessante il 54 per cento che dichiara di aver visto un miglioramento della collaborazione fra i colleghi. Non si può poi ignorare, sia per entità della percentuale sia per il contenuto della risposta, il 76 per cento dei professionisti interrogati che sottolinea la necessità di stabilire un codice di comportamento: perché lo smart working funzioni servono regole chiare e definite. E vanno rispettate da tutti.