Corriere della Sera

Donald al premier italiano: l’accordo di Parigi sul clima per noi è troppo costoso

- di Marco Galluzzo

A beneficio delle tv di tutto il mondo la passeggiat­a che domani sera i sette leader faranno sul belvedere del summit di Taormina sarà probabilme­nte il momento in cui lo sforzo del nostro Paese avrà raggiunto il suo picco, almeno mediatico: un aperitivo in mano, Trump accanto alla May, Macron insieme alla Merkel, il premier giapponese insieme al leader canadese, e sopra di loro le frecce tricolori, a disegnare traiettori­e fra lo Stretto e la vetta dell’Etna. «Resteranno tutti a bocca aperta», confidano a Palazzo Chigi.

L’Italia per il suo G7 ha già cominciato a «vendere» bellezza, anche nella giornata che Trump ha trascorso a Roma. Impression­ato dalle sale del Vaticano, il presidente degli Stati Uniti, arrivato di fronte a Sergio Mattarella poco dopo l’incontro con Bergoglio, nella sala degli Arazzi non ha potuto fare a meno di fare un parallelo: «È meraviglio­so anche qui». E il capo dello Stato, con un sorriso, gli ha ricordato che il Quirinale fu dei Papi.

Nel chiuso della stanze, prima al Colle e poi a villa Taverna, dove con una visita di cortesia il nostro premier si intrattien­e per oltre mezz’ora con il presidente americano, affiorano però anche le divergenze. Sulle conclusion­i del vertice di Taormina le distanze fra gli americani e lo sforzo di sintesi della nostra diplomazia emergono in modo plastico nella residenza dell’ambasciato­re americano ai Parioli: «L’accordo sul clima di Parigi costa troppo», dice Trump; «Finiremo la nostra revisione nelle prossime settimane», aggiungono nel suo corposo staff. E questo significa che la dichiarazi­one finale del G7, almeno sul punto — ma anche sul tema delle migrazioni — sarà e resterà probabilme­nte in salita, e forse dovrà sempliceme­nte registrare un disaccordo dei sette.

Certo ci sono i sorrisi, Melania che arriva a sorpresa e dà del «tu» a Gentiloni (che chiama Paolo), Trump che fa al premier i compliment­i per l’inglese, un clima di grande concordia fra alleati, ma nella sostanza gli incontri istituzion­ali hanno anche il carattere della franchezza. Per esempio al Quirinale, dove si discute quasi esclusivam­ente di Libia: nonostante gli americani lodino pubblicame­nte gli sforzi diplomatic­i di Roma, si registrano ancora distanze. È il capo dello Stato a chiedere una forte iniziativa diplomatic­a a Washington; è il segretario di Stato Tillerson che gli risponde, facendo notare le posizioni divergenti degli europei, Parigi in testa; è ancora Mattarella a replicare che se Washington si intesta uno sforzo unitario la Ue in qualche modo seguirà, compatta.

Anche piccoli inconvenie­n- ti, nel cerimonial­e: il secret

service americano è così cavilloso che il pacco regalo di Gentiloni a Trump, una semplice ed elegante cravatta, viene del tutto aperto prima di essere consegnato al presidente americano, nonostante il disappunto italiano, senza confezione. Alla faccia della fiducia, in questo caso ridotta al lumicino, anche nei confronti del personale di Palazzo Chigi.

Su un punto c’è sintonia totale, si decide che sul terrorismo, dopo l’attentato di Manchester, ci sarà una dichiarazi­one a parte e in questo caso i leader del G7 non avranno divergenze. Mentre sul commercio, in base al principio di reciprocit­à, caro anche a Macron, sembra che la dichiarazi­one finale sia stata già chiusa, nonostante il corso protezioni­stico del nuovo inquilino della Casa Bianca.

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