La fitta rete anglo-libica di Salman Preso il fratello: «Inneggiava all’Isis»
Sei arresti in Gran Bretagna. Il vicino di casa: «Gli Abedi sono estremisti. Il ragazzo traboccava di rabbia»
Una famiglia radicalizzata, da sempre fedele all’interpretazione più estremista dell’Islam e probabilmente non troppo lontana dai propositi stragisti del secondogenito, il 22enne Salman Abedi, kamikaze jihadista di Manchester. È un quadro sempre più fosco e inquietante quello che emerge dall’inchiesta della polizia britannica. Si parla ormai chiaramente di una «rete terroristica ampia e articolata», dove l’attentatore potrebbe essere solo uno tra i tanti «muli» caricati di esplosivo preparato da mani esperte e con una regia strategicamente determinata a colpire ancora, a cercare le stragi proprio in concomitanza alle elezioni del prossimo 8 giugno. Ieri gli arresti in Gran Bretagna sono arrivati a sei.
«Conosco il terrorista Salman Abedi e la sua famiglia. Sono molto religiosi. La loro tribù è parte degli Al Abedi, originari di Derna, una delle zone più conservatrici delle Montagne Verdi, in Cirenaica. Noi invece siamo di Zintan, molto più laici. Lui ha quattro anni meno di me. Da quasi cinque siamo vicini di casa qui a Manchester. Tra libici nel quartiere ci si conosce tutti, però loro evito di frequentarli. Salman oltretutto aveva un carattere difficile, scontroso, persino antisociale, sembrava sempre sul punto di sbottare in un eccesso di rabbia. Quando ci incontravamo per caso nella strada lui abbassava gli occhi, fingeva di non vedermi per non dover salutare».
Il giovane uomo che ci ha parlato ieri per una mezzoretta nel quartiere di villette in mattoni rossi di Fallowfield ha chiesto di essere citato solo col soprannome, «Storm», «per non avere guai con il resto della comunità». A stare ad ascoltare lui e i pochi altri che accettano le interviste il motivo è evidente: la vicenda dell’attentato di Manchester, i suoi attori, le dinamiche che la caratterizzano sono strettamente correlati con le violenze e gli scontri che squassano la Libia. Un motivo in più anche per l’Italia di cercare di comprenderle. È come se la guerra civile libica, comprese le infiltrazioni dell’Isis e il terrorismo, si fossero trasferiti in questo pezzo di Europa assieme alle lotte interne giunte negli anni attraverso i migranti.
A conferma di ciò, ieri sera i riflettori si erano accesi sulle milizie di Tripoli, che dichiarano di avere arrestato il fratello minore del kamikaze, il ventenne Hashem, il quale ha espresso a chiare lettere in rete il sostegno per l’Isis e plaudito alla strage, della quale, secondo le milizie libiche, lui avrebbe saputo tutto. Assieme a lui è stato preso anche il padre, quello stesso Ramadan Abedi che solo poche ore prima intervistato telefonicamente dichiarava l’innocenza di Salman e ribadiva l’essenza «pacifica» dell’Islam. Ora è accusato di fare parte di Al Qaeda dal 1994. Ma va verificato, le milizie tripoline sono interessate a magnificare il loro ruolo. A Manchester è stato invece arrestato un altro fratello di Salman, Ismail.
In Libia del resto Salman viaggiava continuamente. Il ministro degli Interni francese, Gerard Collomb, per il secondo giorno di seguito conferma di avere informazioni precise in merito, compreso il fatto che dalla Libia il giovane si sarebbe mosso per le province siriane dell’Isis. «Salman spesso non era a casa, stava tanto in Libia, per mesi interi. Ultimamente mi sembra fosse tornato solo quattro o cinque giorni prima
dell’attentato», conferma al Corriere un altro vicino, Faraj al Kilani, 53enne originario di Ajdabia, fuggito dalla Libia totalitaria di Gheddafi ed emigrato in Inghilterra nei primi anni Novanta. Lo stesso tragitto degli Abedi. «Però il padre era molto devoto, costringeva la figlia e la moglie in casa. Lo incontravi sempre nella moschea di Didsbury qui vicino, aveva l’incarico di chiamare i fedeli per le cinque preghiere della giornata e ti guardava male se non andavi», aggiunge.
Tra i libici incontrati nell’area prevalgono gli ex perseguitati dalla dittatura di Gheddafi legati al fronte dei Fratelli Musulmani. Ma ad ascoltarli subito emergono le lotte tribali tra gruppi della Cirenaica e della Tripolitania. Qui come in Libia, l’Isis trova terreno fertile proprio dalle divisioni interne.