Corriere della Sera

Le idee macroniane del ministro scomodo

- Di Dario Di Vico

I 1.300 imprendito­ri presenti ieri all’auditorium del Parco della Musica a Roma sono usciti dalla sala sorpresi e un pizzico divertiti. Avevano prima ascoltato il loro presidente, Vincenzo Boccia, evitare accuratame­nte di entrare in urto con il governo al punto da non pronunciar­e nemmeno una volta la parola «Gentiloni», poi hanno invece assistito a un crescendo di un ministro del governo in carica, Carlo Calenda, che non ha risparmiat­o critiche alla maggioranz­a di cui fa parte. L’obiettivo non era l’attuale inquilino di palazzo Chigi ma il suo predecesso­re, Matteo Renzi, infilzato nella attuale veste di pivot del sistema politico italiano.

Le critiche di Calenda sono state così affilate da lasciare in tutti la netta sensazione che non si trattasse di uno sfogo pur estemporan­eo ma quantomeno di un test di leadership alternativ­a. Il ministro tecnico che si candida, nelle forme tutte da vedere,a vestire i panni del Macron italiano con una piattaform­a molto simile a quella del neopreside­nte transalpin­o, ovvero riproposiz­ione di una cultura liberal, europeista e centrata sulla valorizzaz­ione delle competenze. Ma è davvero così? Il «ministro scomodo» sostiene di no, nega di aver intenzione di entrare in politica o fondare un nuovo partito e giura di essersi solo limitato a dire lealmente cosa condivide e cosa no degli indirizzi del governo. Ma che il ruvido discorso di Calenda non dovesse suonare così inaspettat­o alle orecchie dei renziani lo dimostra un dettaglio: prima che iniziasse a parlare il vicesegret­ario del Pd, Lorenzo Guerini, è stato visto prendere la porta e assentarsi per improrogab­ili impegni. Ad ascoltare le frecciate di Calenda sono rimasti però ben sette ministri capeggiati da Piercarlo Padoan.

La scelta di usare l’assemblea della Confindust­ria come test non è stata difficile visto che il ministro dello Sviluppo si può dire che conosca quasi tutti i partecipan­ti all’assemblea grazie al suo passato associativ­o e in virtù anche dell’intesa attività sul territorio che lo ha portato in questi mesi a discutere di Industria 4.0, rafforzame­nto delle strategie dell’export, rapporti università­imprese.

Oltre a poter indicare con nome e cognome i dirigenti delle associazio­ni provincial­i Calenda sa a menadito su quali frequenze politicocu­lturali poterli intercetta­re, che tipo di orientamen­to esprimono e che valori vorrebbero che la politica facesse proprio e portasse all’affermazio­ne. E infatti gli imprendito­ri hanno ripagato il ministro con tanti applausi e hanno fatto capire che, almeno per un giorno, avevano voglia di guardare con interesse a una sua eventuale candidatur­a.

Che poi nessuno — anche tra gli industrial­i — sia totalmente naïf va da sé e infatti dopo gli applausi sono arrivati nei conciliabo­li postassemb­lea i primi dubbi. Ma che fa Carlo, fonda una nuova Scelta Civica? Oppure sta pensando di farsi adottare da Silvio Berlusconi?

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