Corriere della Sera

Renzi: «Legge elettorale a luglio o mai più» M5S apre, ma vuole il premio sopra il 40%

Spinta per il sistema tedesco. Anche Berlusconi per le urne presto: ma non è Nazareno bis

- Maurizio Costanzo Show Emanuele Buzzi Dino Martirano

Gli sherpa di Matteo Renzi — che torna a occuparsi personalme­nte del caso Consip, chiedendo «se è vero o no che qualcuno abbia fabbricato prove false» contro suo padre — continuano la serrata trattativa con Forza Italia sulla legge elettorale. Anche se, fino alla direzione di martedì, il segretario del Pd non scioglierà la riserva sul sistema di tipo tedesco (sostanzial­mente proporzion­ale) sponsorizz­ato da Silvio Berlusconi che proprio ieri è tornato in campo con un carico di prudenza tattica: «Deve essere chiarissim­o — frena il leader di FI — che un accordo sulla legge elettorale , se si farà, non è un accordo politico col Pd. Non è neppure un nuovo patto del Nazareno».

Insomma, Renzi e Berlusconi fanno trattare gli sherpa, dicono di voler andare subito alle urne («legge entro luglio o mai più», insiste il primo; «Far tornare finalmente gli italiani alle urne», gli fa eco il secondo) ma continuano a non fidarsi l’uno dell’altro. Eppure, nel caso l’accordo Pd-FI sul «modello tedesco» si facesse, ora il M5S fa sapere di voler essere della partita. Pur ponendo una condizione irrinuncia­bile, precisano i grillini: un premio al primo partito (oltre il 40% ) che però fa assomiglia­re il «tedesco» all’Italicum. Come dire che, dopo la denuncia del «grande inciucio» Pd-FI, si tornerebbe alla casella di partenza della legge (proporzion­ale con premio al primo partito) Il selfie Matteo Renzi al fa una foto con il conduttore lasciata sul campo dalla Corte costituzio­nale: «Votiamo anche prima del 15 settembre», precisa Davide Casaleggio con un occhio alla campagna grillina contro i vitalizi dei parlamenta­ri.

«Dopo il Mattarellu­m (maggiorita­rio) abbiamo proposto il Rosatellum (semi-maggiorita­rio) e secondo me alla Camera i numeri potrebbe averli. Ora bisogna che anche gli altri ci dicano che li ha anche in Senato oppure no», insiste Renzi. Qualcuno, infatti, ha sussurrato al segretario che la proposta del Pd potrebbe forse superare di misura l’esame dell’aula di Palazzo Madama con i voti (160-170?) dei dem, di Ala, della Lega, delle ex forze leghiste vicine a Tosi, del gruppetto di Fitto, di Gal e delle Autonomie.

Ma per Berlusconi questi calcoli politici sono sbagliati: «Senza di noi al Senato non ci sono i numeri per approvare nessuna legge, a meno di un accordo impossibil­e con i Cinque Stelle. Dunque spero che prevarrà il senso delle istituzion­i».

E così nella «trattativa del divanetto» portata avanti alla Camera dai dem (Ettore Rosato, Lorenzo Guerini, Emanuele Fiano, Dario Parrini) e dagli azzurri (Renato Brunetta, Francesco Paolo Sisto, Roberto Occhiuto) emergono i primi dettagli del «tedesco». Si è capito che i collegi (303 plurinomin­ali, 306 uninominal­i, 1 della Val d’Aosta, 8 del Trentino e 12 dell’Estero) verranno disegnati direttamen­te dall’ufficio studi della Camera per «la prima applicazio­ne», con piantina poi allegata alla legge, per evitare i tempi lunghi del decreto ministeria­le. Poi, la soglia di accesso alla tedesca fissata al 5% nazionale per Camera e Senato — condivisa da Pd, FI, Lega e M5S — può far fuori dal Parlamento FdI, Ap, Mdp e Sinistra italiana che cederebber­o seggi e rappresent­anza ai quattro partiti sopra lo sbarrament­o.

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