B I SUR G Strade interrotte e turisti scomparsi, la costa ritorna alle origini Viaggio nella California dei santuari della Beat Generation
solo l’essenziale».
Il Nepenthe fa uno strana impressione: mentre tutto sulla costa è chiuso, anche l’ufficio postale, qui bar e ristorante sono aperti, ma viene solo quale residente. Deserta la pedana a scacchi dei balli notturni scatenati, resa celebre da Liz Taylor e Richard Burton che qui nei primi anni Sessanta girarono «The Sandpiper« («Castelli di Sabbia»). Sopra al ristorante c’è la «log cabin», la baita di tronchi d’albero comprata da Orson Wells nel 1944, poco dopo aver sposato Rita Hayworth. Doveva essere il loro nido d’amore, lontano da Hollywood. Ma lei scappò quasi subito: divorziarono dopo due anni. Poi in questa capanna venne a vivere Henry Miller, già celebre e controverso per il «Tropico del Cancro» e il «Tropico del Capricorno».
«Qui scrisse “Big Sur e le arance di Hieronymus Bosch”, ma in queste stanze sono passati tanti altri artisti, anche Jack Kerouac» racconta Erin Gafill, che mi fa visitare la baita nella quale vive. Fa anche lei parte del clan del Fassett, la famiglia che nel 1947 acquistò questa proprietà dal grande attore e regista. I suoi cognati gestiscono il ristorante, lei dipinge.
«Per me» racconta, «è una stagione da sogno. Giorni fa ero qui con la mia tela. Mi sembra di sentire un battito d’ali. Mi giro e vedo sul tetto un condor che mi fissa, tranquillo e incuriosito. Sono emozioni uniche. Ma capisco che per chi vive di turismo tutto questo è una vera disgrazia. Il Nepenthe aveva 115 dipendenti: ne San Francisco Monterei Salinas Fresno BIG SUR
CALIFORNIA Santa Maria
Santa Barbara sono rimasti 15».
Per Erin qualche mese di isolamento non è un problema: «Dialoghiamo coi social network, io vendo i miei quadri online. E poi, come ogni anno, sto organizzando un viaggio in Italia con un gruppo di artisti. Roma e Toscana. Torno sempre a Roma: vado sulla tomba della mia bisnonna, anche lei pittrice. Visse a Capri ed è sepolta dal 1944 nel cimitero degli acattolici, vicino alla Piramide Cestia».
Le poche persone che incontri sembrano rilassate. L’isolamento comincia a pesare, ma più per il lavoro perduto che altro. In fondo qui l’elettricità è arrivata negli anni Cinquanta e la televisione negli anni Ottanta.
Vorrei salire ancora, fino al monte più alto della costa dove vive l’unica colonia di condor del Nord America e dove sorge il Camaldoli Hermitage. Ma non è possibile: i monaci camaldolesi dell’eremo che intervistai anni fa per il Corriere sono isolati. È franata anche la stradina che sale al monastero. Pure qui ci si affida a Internet: i frati organizzano una colletta digitale per riparare il sentiero che è privato.
Storie di un luogo che per un anno è tornato a meritarsi il suo nome: furono gli spagnoli, che avevano aperto le loro missioni sulla costa pianeggiante più a nord, a fermarsi davanti a queste regione impervia, rispettosamente battezzata Big Sur: un Grande Sud aspro, impenetrabile, misterioso.