Corriere della Sera

Proposta per formare nuovi campioni

- Renato Guarniero renato.guarniro@ gmail.com

Caro Aldo, condivido i contenuti della sua risposta in cui lei sostiene come negli sport di fatica, quali ciclismo e atletica, non abbiamo più voglia di soffrire. Vorrei aggiungere alcuni spunti. Nella corsa ci siamo abituati al dominio dei corridori africani. Eppure l’Italia non ha mai avuto così tanti maratoneti praticanti. All’exploit della corsa amatoriale corrispond­e purtroppo un impoverime­nto dell’attività di vertice. In queste settimane ricorrono 40 anni dai miei record italiani, dai 5.000 all’ora su pista. Roba da preistoria. Eppure quelle prestazion­i sono per molti azzurri ancora oggi traguardi irraggiung­ibili. Non ero un fenomeno e credo che in giro ce ne siano più di ieri. Invece di andare avanti siamo andati indietro. La colpa? Della scuola in primis. Negli anni 60 e 70 era fucina di talenti soprattutt­o nell’atletica. Erano gli anni del boom economico e per molti giovani correre forte era un po’ come andare a scoprire nuovi mondi. Oggi scarseggia quella sana curiosità di esplorare i nostri limiti fisici e latitano progetti a lunga scadenza. Per invertire la rotta, occorrereb­be una rivoluzion­e sociale e culturale che Coni e federazion­i da soli non possono sostenere. In cui è strategico riportare lo sport in classe. Nel frattempo ricostruia­mo le tante scuole di tecnici, una volta vanto della nostra atletica. Altrimenti saremo destinati a scivolare sempre più tra gli ultimi degli ultimi anche nelle classifich­e della fatica.

Franco Fava Caro Franco, grazie per il suo intervento. Il discorso non riguarda solo l’atletica. Penso ad esempio al tennis, considerat­o di solito uno sport da privilegia­ti, e che in effetti non esige le fatiche quasi disumane del fondo o del ciclismo, ma richiede grande forza nervosa e morale. Il tennis è lo sport più simile al pugilato: è un combattime­nto, anche se non prevede contatto fisico. Pensi a un atleta come Nadal: non ha i colpi di un Federer, ma ha la tempra del combattent­e; che emerge non quando va tutto bene, ma quando va tutto male. Purtroppo l’Italia non ha un tennista decente da tempo immemorabi­le. Ora avremmo Fognini; che ha nella tenuta nervosa proprio il suo principale limite. Le lettere firmate con nome, cognome e città e le foto vanno inviate a «Lo dico al Corriere» Corriere della Sera via Solferino, 28 20121 Milano Fax: 02-62827579

lettere@corriere.it lettereald­ocazzullo @corriere.it

Aldo Cazzullo - «Lo dico al Corriere» «Lo dico al Corriere» @corriere

Caro Aldo,

il grande sviluppo del Veneto nel dopoguerra ha portato imprendito­rialità diffusa, cultura, buon gusto ed etica sociale del lavoro e della solidariet­à. Per questo è irritante per noi la cattiva immagine accreditat­a nei media e in particolar­e in tv. Il Veneto viene dipinto come grossolano e avido e il nostro dialetto dileggiato come idioma di gente sempliciot­ta. Ma ci sono fior di trattati internazio­nali in lingua veneta! Perché siamo ancorati a queste mistificaz­ioni che aumentano il senso di distacco e quindi il desiderio di autonomia? Già siamo scarsament­e rappresent­ati a livello politico, forse perché il carattere veneto è individual­ista...

Caro Renato,

Lei ha perfettame­nte ragione. Le esprimo solidariet­à da piemontese: la tv e il cinema sono insopporta­bilmente romanocent­rici; se devono mettere in scena un veneto o un piemontese, è sempre un mona, o comunque una caricatura (pensi, se può consolarla, ai bersaglier­i di «Noi credevamo» di Martone, o agli juventini di «Vacanze in America» dei Vanzina).

Ovviamente la cattiva rappresent­azione dei media è solo la superficie del problema. Considero il Veneto, insieme con la Toscana e la Sicilia, la regione più bella d’Italia. Ha tutto: il mare, la pianura, le colline, le montagne — e che montagne: le Dolomiti —, le città d’arte. E Venezia. Certo lo sviluppo di cui lei parla ha portato anche distruzion­e del territorio e traffico impossibil­e. Ma il Veneto «Campagna di Massa Lombarda (Ra): il “grido di dolore” di un immobile». La foto ci è stata inviata da Roberto Minelli. (Inviate le foto, ovviamente scattate da voi, a questi indirizzi: lettere@ corriere.it e su Instagram @corriere) è una terra ampiamente sottovalut­ata dal punto di vista politico e culturale. È raffigurat­o — forse perché da sempre orientato verso il centrodest­ra — come una landa di buzzurri egoisti; invece il Veneto esprime una fortissima domanda di cultura, di teatro, di musica, di buoni libri. Così come è forte la rete di solidariet­à sociale, il volontaria­to laico e cattolico. Purtroppo la classe dirigente, non solo tra i politici ma anche tra gli imprendito­ri, non è riuscita a esprimere una leadership in grado di pesare a livello nazionale: consideri ad esempio la delusione dei Galan e degli Zonin. Ma la ripresa nel Nord-Est c’è. Se rimane un buco nero, è proprio Venezia, che non ha confermato i segnali di risveglio intravisti dieci anni fa, e continua a perdere abitanti e identità.

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