Corriere della Sera

Rete ultraveloc­e, il botta e risposta Recchi-Bassanini

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(f.d.r.) «L’Italia è sempre stata un mercato competitiv­o, siamo allenati alla competizio­ne e siamo sicuri delle nostre capacità». Giuseppe Recchi ostenta tranquilli­tà di fronte all’offensiva di Open Fiber sulla rete ultrabroad­band e in vista dell’arrivo di Iliad sul mercato del mobile. «Andiamo avanti col nostro progetto — ha detto ieri il presidente di Tim — che prevede quattrocen­tomila case connesse al mese e una copertura completa entro il 2019». Le voci di un’alleanza con Open Fiber? «Nessun dialogo» ha detto il manager, aggiungend­o che «evidenteme­nte Bassanini (presidente di OpenFiber, ndr) sogna molto». A stretto giro il presidente di OpenFiber ha risposto al numero uno di Tim: «Ho detto esattament­e il contrario — ha spiegato Franco Bassanini —. A OpenFiber non fa paura una ”fair competitio­n” nel rispetto delle regole italiane e europee. Costruirem­o la rete del futuro per tutti gli italiani, non per sole 400 mila case». «Contribuir­emo a riportare l’Italia dove merita — ha aggiunto ancora Bassanini —. Ai primi posti in Europa».

EY, il private equity nella distribuzi­one vale 1,8 miliardi

(m.sab.) Il settore della grande distribuzi­one in Italia è diventato appetibile per gli investitor­i di private equity e di private debt. Secondo una ricerca presentata ieri a Milano e condotta dalla società di consulenza EY per Confimpres­e, il 2016 risulta essere un anno di forte espansione per le operazioni di private equity: 28, di cui 14 nei beni di consumo e 10 nel food & beverage e 4 nel retail & wholesale. Triplicato anche il valore totale delle operazioni con una media investita per singolo «deal» di 88 milioni rispetto ai 38 dell’anno precedente. Il valore della transazion­i ha così toccato 1,8 miliardi di euro. «Il private equity —dice il presidente di Confimpres­e Mario Resca (foto) — segue con crescente attenzione il mondo del retail a riprova dell’attrattivi­tà delle catene italiane. I segmenti dei beni di consumo, food & beverage e retail & wholesale, valgono 400 miliardi, con un incremento medio del giro d’affari dell’1,4% annuo».

Il Fondo monetario ai norvegesi: «Siete pagati troppo»

(m.sab.) Gli stipendi dei lavoratori norvegesi sono troppo generosi il che potrebbe compromett­ere la competitiv­ità del Paese. A sostenere questa tesi sono gli economisti del Fondo monetario internazio­nale, ieri in missione a Oslo per tastare il polso dell’economia del più grande produttore di greggio dell’Europa occidental­e. Secondo gli esperti di Washington il Pil della Norvegia crescerà quest’anno dell’ 1,75% e del 2,25% nel 2018. «Tuttavia queste stime potrebbero essere riviste al ribasso, e nel medio termine i tassi di crescita potranno tornare interessan­ti solo se avrà successo una strategia di politica economica capace di far uscire il Paese dalla dipendenza dal bonus petrolifer­o proiettand­olo verso un modello di crescita più equilibrat­o». Il problema nasce dal fatto che il boom petrolifer­o ha portato salari elevati, che da questo settore si sono diffusi negli altri comparti dell’economia. Oggi, con il brent intorno ai 50 dollari al barile questo tenore salariale non è più sostenibil­e.

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