Corriere della Sera

Succession­e Levi alla guida degli editori «Tutti gli strappi vanno ricuciti»

- Di Cristina Taglietti

Dopo le divisioni si cerca di ripartire dall’unità. «La prima cosa? Ascoltare tutti» dice Ricardo Franco Levi, presidente indicato dall’Associazio­ne italiana editori, che ieri ha riunito il Consiglio generale, scegliendo­lo con voto segreto e una larga maggioranz­a: 29 voti per lui, 6 per il presidente uscente Federico Motta (il 28 giugno ci sarà l’assemblea elettiva).

«Unità in tutto il mondo degli editori — dice Levi —, tra grandi piccoli e medi, ma anche con librerie, bibliotech­e, Centro per il libro, ministero. Tutti gli strappi devono essere ricuciti, non per vago buonismo ma per non spendere energie in contrappos­izioni inutili». Una scelta politica, quella di Ricardo Franco Levi, che non è un editore e per poter essere eletto ha avuto un incarico da Egea, la casa editrice della Bocconi.

«La priorità, e il mandato, sono molto più generali rispetto alla questione Tempo di libri o Salone di Torino» spiega Levi, ex sottosegre­tario alla presidenza del Consiglio con delega all’editoria nel secondo governo Prodi, primo firmatario della discussa legge (2011) che limita al 15% lo sconto sul prezzo di copertina dei libri. «Il tema vero è nazionale ed è la lettura in un Paese che non riesce ad avere percentual­i alte di popolazion­e in grado di partecipar­e in modo compiuto alla vita democratic­a. Questo va rimesso al centro del dibattito politico».

Se i temi sul tavolo degli editori sono tanti e importanti è chiaro che la gestione della scissione con Torino è alla base di questo risultato. Molti hanno considerat­o troppo muscolare quella di Motta, mentre Le- vi si conferma, fin dalle prime dichiarazi­oni, uomo di mediazione. «Torino ha festeggiat­o meraviglio­samente i suoi trent’anni — dice — e mi pare evidente, dopo il grande successo, che rimarrà lì dov’è. Ma i saloni e le fiere devono essere ovunque, a Torino come a Milano, come al Sud. L’importante è che siano lontani nelle date. Tempo di libri ha fatto la sua edizione zero e la rifarà. Bisogna ridiscuter­e alcuni punti: la data, il luogo, forse anche la formula». Sull’ipotesi della staffetta con BookCity Levi dice: «Mi sembra ovvio e naturale che ci sentiremo, anche se non ho ricette». Indicato da Stefano Mauri, presidente di Gems, Ricardo Franco Levi ha avuto il beneplacit­o anche del gruppo di Segrate. Enrico Selva Coddè, ad di Mondadori libri, la definisce «una scelta responsabi­le, adatta a propugnare l’unità dell’associazio­ne», pur riconoscen­do a Motta «il coraggio di aver dato una scossa agli editori delle diverse categorie», mentre Carlo Feltrinell­i considera Levi una « figura che ha le potenziali­tà per tutelare e allargare gli aderenti all’Aie e per dare un nuovo impulso alle sue attività».

Il presidente uscente, che qualcuno ha cercato di convincere a non presentars­i, rifiuta ogni personaliz­zazione. «Se avessi deciso di testa mia molte scelte sarebbero state diverse — dice —. Non ho fatto altro che mettere in atto il mandato. Avrò compiuto errori, ma non ho mai preso decisioni che non siano state condivise dagli organi dell’associazio­ne». Motta non nega che si sarebbe aspettato un maggiore sostegno dei soci: «Non per piacere, ma per un dovere nei confronti della stessa associazio­ne. Me lo aspettavo ed è anche il motivo per cui ho seguito il dettato dello statuto e abbiamo votato. La scelta di un politico a presidente dimostra che chi dovrebbe avere la leadership della categoria ha rinunciato». Su Tempo di libri Motta non cambia parere: «È andata come doveva andare, ma il tema è molto semplice: a Torino c’è stata un’unità di intenti del territorio e delle istituzion­i, un gettito di denaro pubblico complessiv­o di 4 milioni di euro, cosa che a Milano non c’è stata. Anche questo bisogna dirlo».

L’unità è una sfida difficile. Levi mira a riportare in Aie anche alcuni di quegli editori che se ne sono andati, dopo lo strappo con Torino, fondando l’Associazio­ne amici del Salone. Ma c’è già un’altra defezione in arrivo. La annuncia Agnese Manni, che ieri, in quanto consiglier­e, ha votato per Levi: «Mi sembra che non sia più la casa per gli editori indipenden­ti». La riunione d’altro canto si è aperta con il pasticcio della presidenza dei piccoli editori: il consiglio ha indicato come candidato un proprio membro, Diego Guida, in contrasto con il parere raccolto dai saggi tra i soci che aveva espresso una preferenza per Carlo Gallucci che ha sempre avuto una posizione di mediazione, portando il suo stand sia a Milano che a Torino. «Ora — dice Gallucci — spero davvero che inizi una vera fase di ricostruzi­one, di unità e strategie condivise».

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