Corriere della Sera

Quelle ossessioni scatenate da «Lulu» di Berg

- Di Enrico Girardi

Kirchner e Schiele ispirano i disegni a inchiostro proiettati su una scena di interni sghembi arredati in stile artdéco, ai margini della quale due mimi si muovono come doppi dei protagonis­ti di Lulu in scena al Teatro dell’Opera. Così William Kentridge, autore, e con mano formidabil­e, di questo film a disegni animati, mette in scena il capolavoro di Berg, raccontand­o con efficacia le ossessioni psichiche e sessuali che si scatenano attorno a questa espression­istica femme fatale. Il difetto di ciò consiste nella ridondanza. Finché si rappresent­a l’ascesa di Lulu, bene; dacché inizia la caduta — e lì è lo stesso Berg che prevede un segmento di racconto filmico, qui splendidam­ente realizzato — sarebbe bello assistere a un processo di spoliazion­e. Anziché fare una «colonna visiva» dell’opera, Kentridge trasforma invece la musica in colonna sonora del film.

Un altro limite è che la recitazion­e degli interpreti passa in secondo piano come fosse elemento secondario. Né analitica, né lirica, né molto a fuoco nella concertazi­one, ha poco carattere l’esecuzione di Alejo Pérez, che pure è un direttore di qualità. Lei, Agneta Eichenholz, è bravissima vocalmente ma non sprigiona un particolar­e magnetismo seduttivo. Decisament­e all’altezza il cast, che comprende anche l’un tempo belcantist­a Jennifer Larmore come Contessa Geschwitz. Peccato che un’indisposiz­ione costringa il teatro a sdoppiare la parte di Alwa. Charles Workman è l’Alwa cantante, un collaborat­ore di Kentridge è l’Alwa che recita in scena. Teatro pieno a tre quarti, molti applausi.

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Dramma Martin Gantner e Agneta Eichenholz

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