Quelle ossessioni scatenate da «Lulu» di Berg
Kirchner e Schiele ispirano i disegni a inchiostro proiettati su una scena di interni sghembi arredati in stile artdéco, ai margini della quale due mimi si muovono come doppi dei protagonisti di Lulu in scena al Teatro dell’Opera. Così William Kentridge, autore, e con mano formidabile, di questo film a disegni animati, mette in scena il capolavoro di Berg, raccontando con efficacia le ossessioni psichiche e sessuali che si scatenano attorno a questa espressionistica femme fatale. Il difetto di ciò consiste nella ridondanza. Finché si rappresenta l’ascesa di Lulu, bene; dacché inizia la caduta — e lì è lo stesso Berg che prevede un segmento di racconto filmico, qui splendidamente realizzato — sarebbe bello assistere a un processo di spoliazione. Anziché fare una «colonna visiva» dell’opera, Kentridge trasforma invece la musica in colonna sonora del film.
Un altro limite è che la recitazione degli interpreti passa in secondo piano come fosse elemento secondario. Né analitica, né lirica, né molto a fuoco nella concertazione, ha poco carattere l’esecuzione di Alejo Pérez, che pure è un direttore di qualità. Lei, Agneta Eichenholz, è bravissima vocalmente ma non sprigiona un particolare magnetismo seduttivo. Decisamente all’altezza il cast, che comprende anche l’un tempo belcantista Jennifer Larmore come Contessa Geschwitz. Peccato che un’indisposizione costringa il teatro a sdoppiare la parte di Alwa. Charles Workman è l’Alwa cantante, un collaboratore di Kentridge è l’Alwa che recita in scena. Teatro pieno a tre quarti, molti applausi.