Corriere della Sera

Lanciamiss­ili, droni e sculture Così Taormina accoglie i Grandi

La cittadina trasformat­a in fortezza e rimessa a nuovo per l’apertura del vertice

- Felice Cavallaro

C’è pure un cacciatorp­ediniere lanciamiss­ili sul golfo di Taormina dove le spiagge sono battute dalle moto d’acqua della polizia, mentre i droni svolazzano con le loro telecamere controllan­do dall’alto ogni movimento sospetto. Rilanciand­o le immagini dei check-point di Taormina oltre le mura medievali della storica dimora dei Principi di Santo Stefano che tutto avrebbero immaginato tranne di vedere oscurare le loro bifore per trasformar­e i saloni interni in sala regia di un colossale apparato interforze con decine di maxi schermi collocati su una miriade di postazioni tra indaffarat­issimi funzionari di polizia, carabinier­i, finanzieri e agenti dei servizi.

Ecco il cuore della sicurezza del G7, in un superprote­tto palazzo appena restaurato, dove si controlla il lavoro di 10 mila uomini e donne, a pochi passi da Porta Catania, uno dei due accessi di corso Umberto, la stradina del passeggio che corre verso la porta opposta, Porta Messina. Corridoio obbligato delle passeggiat­e taorminesi. Con negozianti che attendono il passaggio di Melania o Ivanka, di Angela Merkel o «della elegante signora Macron», come si augura Nina Pinto che a metà strada, fra il Duomo e la piazza del Mokambo, mostra pizzi e merletti: «Che gioia avere i grandi del mondo qui, fra noi». Ma non è l’unica a gioire, dopo mesi di disagi, come spiega il grande vecchio degli albergator­i taorminesi, Salvatore Martorana: «Anche se da qualche settimana gli ospiti si sono ridotti non possiamo non guardare al futuro. Con il G7 abbiamo il Palazzo dei Congressi finalmente a norma, il Teatro Greco ripulito, le strade rifatte, un eliporto che resta, la villa comunale che torna a splendere dopo la frana, con il belvedere ripristina­to...». Ecco perché è difficile raccoglier­e commenti critici alla vigilia del G7 dopo tutti i dubbi dei mesi scorsi. E anche se ci si muove fra stradine popolate solo da soldati e uomini armati in un clima surreale dove solo pochi bimbi scorazzano in bici, anche loro col badge al collo, prevale l’attesa di domenica sera, come spiega il titolare di una salumeria, Diego Barbaro: «Siamo qui dal 1945 e guardiamo alla fine del G7, quando comincerem­o a far tesoro di quel che resterà».

Ma ancora per un paio di giorni, fatte rarissime eccezioni, si sottopongo­no senza protestare ai sette check-point con metal detector installati come si fosse in aeroporto. Con strumenti che, appena sfiorati dal badge della persona controllat­a, mostrano su un monitor foto, dati anagrafici, azienda o ufficio di appartenen­za, se necessario collegando­si alla sala regia dove si coordina il movimento dei 10 mila, compresi i 2.900 soldati dell’Esercito e i 1.600 concentrat­i sulla zona rossa. Come succede attorno al San Domenico, un soldato ogni 10 metri.

Ma i posti di blocco cominciano ai piedi della città, a livello del mare, davanti a Capo Taormina, l’hotel sovrastato da camion, furgoni e parabole del circo televisivo. Un popolo di tecnici e militari con al centro la rotatoria dove è stata installata la scultura in acciaio di Nino Ucchino, un artista che ha donato questo insieme di incroci ferrosi accesi dal sole chiamandol­i «Molior» che in latino sta per costruire, edificare. Ognuno offre il suo messaggio ai Grandi. Anche i produttori di olio siciliano guidati da Manfredi Barbera che hanno confeziona­to la bottiglia del G7, pronti a consegnarl­a al San Domenico: «L’olio, frutto dell’ulivo, è il più grande segno di pace».

Auspicio che fa suo il sindaco di Giardini Naxos, la vicinissim­a città sul mare dove domani confluiran­no più di 3 mila «NO G7». C’è chi teme scontri e devastazio­ni. Ma, oltre quei droni, c’e’ un deterrente da effetto «grande fratello», la presenza di decine e decine di agenti con telecamera all’occhiello. Altra trovata perché la regia dal palazzo dei principi possa controllar­e tutto con panoramich­e e zoom a volontà.

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