Il segretario dem fa leva su Veltroni E avverte i critici: i candidati li decido io
leader del Partito democratico però non chiude pregiudizialmente al confronto: «Non cadiamo nelle provocazioni». Ma in cuor suo sa che non si arriverà a nessuna intesa.
È un Renzi combattivo, che non dimentica che il Pd di Veltroni «nacque proprio per tagliare i ponti con un’esperienza come quella dell’Unione», quello che pone le sue condizioni. Non solo all’esterno, ma anche all’interno: «Caminetti bye bye» è il messaggio che invia ai «capicorrente del Pd». È indirizzato a Franceschini ma anche a Orlando. «Le liste elettorali le faccio io», spiega ai fedelissimi. Il che vuol dire che non farà nessun do ut des in estenuanti trattative tra «big» del Pd.
E per dimostrare che intende fare sul serio, oltre che per interrompere il «gioco al logoramento», il segretario ha anticipato di qualche giorno la direzione, che si terrà giovedì 6 e non più lunedì 10. In quella sede Renzi è forte di una maggioranza pressoché blindata. Su 120 membri eletti 84 sono di maggioranza, 24 di Andrea Orlando e 12 di Michele Emiliano. Anche se tutti e venti i franceschiniani (questa componente è stata fortemente ridimensionata nei numeri) si schierassero contro Renzi, il segretario avrebbe comunque la maggioranza. Ma è improbabile che si arrivi a tanto.
L’operazione che ora il leader ha in mente di fare per evitare il pressing dei capicorrente è quella di «aprire il Pd». Per questo, mentre si susseguivano gli interventi della mattinata, in prima fila, lì dove sedevano i renziani di rango, si sentiva questo commento: «Altro che caminetti. Berruto, Annibali, Burioni... questo è il vero Pd». Un Pd che il segretario disegnerà anche nel suo libro in uscita l’11 luglio. Selfie Il segretario del Pd Matteo Renzi, 42 anni, mentre lascia, tra richieste di selfie e autografi, il teatro Linear Ciak di Milano che ha ospitato l’Assemblea nazionale dei circoli Pd
(Fotogramma)