Corriere della Sera

La morte del fotoreport­er Andy, in cella un italo-ucraino

Svolta dopo tre anni: arrestato a Bologna un miliziano. «Le sue truppe agirono con l’intento di uccidere»

- Cesare Giuzzi

metri che prende il nome dalla educatrice greca martire della libertà di pensiero.

«L’avevo acquistata proprio perché i miei figli imparasser­o sul campo cosa significa prendersi delle responsabi­lità, valutare i rischi, lavorare in squadra», racconta nel soggiorno di casa a Milano l’ingegnere Stefano Macchi, stanco e provato dalla notte passata al Pronto soccorso di Imperia assieme ai suoi coraggiosi­ssimi figli, seduti stretti nel divano più grande mentre mamma Laura sta sullo sfondo. Lei, insegnante di inglese, non aveva seguito il resto della famiglia per quelle tre settimane in Corsica. «Soffro il mal di mare, nonostante sia di Ancona», spiega rassegnata e ancora più determinat­a a non mettere

Lo chiamavano l’italiano. Perché Vitaliy Markiv, 27 anni, parlava con l’accento romagnolo. Con quelle vocali un po’ trascinate che gli erano rimaste addosso da quando appena diciottenn­e, e fresco di doppia cittadinan­za ucraina e italiana, aveva vissuto a Rimini lavorando in una palestra e come dj nelle notti infinite nelle discoteche dell’Adriatico.

Com’era diverso quel Vitaliy, arrivato nel 2002 insieme alla madre e al compagno a Tolentino, nella Marche, dal combattent­e con il basco rosso, il capitano Markiv dell’unità dei volontari Kulchytsky impegnati contro i filorussi nella battaglia del Donbass. Vitaliy è partito dall’Italia nel gennaio 2014, sentendo quel richiamo che lo ha portato ad arruolarsi da quasi foreign fighter per difendere la sua terra dai moti separatist­i del 2014. Ha lottato Vitaliy, prima in piazza Maidan a Kiev, e guadagnato sul campo i gradi di comandante fino a guidare la brigata in difesa della collina di Carachun vicino al villaggio di Kramastors­k. piede su una barca. Di certo non a bordo di Ipazia, che ora sarà da qualche parte in fondo al mare nella costa ligure.

È stata Arianna a lanciare il «may day» poco dopo le 21.10, mentre il fratello minore Leonardo le dettava le coordinate dal Gps (l’altro compito del bambino era di illuminare con Lo stesso luogo dove il 24 maggio 2014 sono stati uccisi a colpi di mortaio il fotoreport­er italiano dell’agenzia Cesura, Andrea Rocchelli, 30 anni, e il suo interprete, il giornalist­a ed ex dissidente sovietico Andrej Mironov.

Dopo tre anni di indagini, che hanno spesso girato a vuoto la pila la vela bianca). Lorenzo, il maggiore, è riuscito pure nella concitazio­ne a leggere le istruzioni del razzo che il padre gli aveva dato per lanciarlo nel buio.

«Ho capito subito che era una situazione di emergenza», racconta Arianna, ben attenta a non sottrarre ai fratelli la loro tra richieste di rogatorie e rimpalli di competenze, adesso è arrivata la prima vera svolta nell’inchiesta. Grazie alla tenacia dei carabinier­i del Ros di Milano, guidati dal tenente colonnello Paolo Storoni, e dei magistrati di Pavia Mario Venditti e Andrea Zanoncelli. Per la procura di Pavia quello non fu un errore di guerra ma un’azione preordinat­a con il «chiarissim­o intento di uccidere». E a ordinare quei bombardame­nti — durati più di venti minuti, con i colpi progressiv­amente calibrati verso il fossato dove il fotografo e il suo interprete si erano rifugiati — fu proprio il comandante Markiv, l’italiano.

Il 27enne è stato arrestato venerdì sera all’aeroporto di Bologna appena rientrato dall’Ucraina su ordine del gip di Pavia Carlo Pasta. Una svolta arrivata grazie alle nuove indagini condotte dai Ros che a distanza di tre anni sono riusciti a recuperare anche diverso materiale audio e video che sembrava scomparso e che Andy Rocchelli aveva salvato parte di merito. «Alla capitaneri­a di porto ho dovuto ripetere più volte le coordinate perché la linea andava e veniva». Intanto il capitano di fregata Luciano Pischedda da Imperia faceva partire i soccorsi e dalla Guardia Costiera di Sarzana decollava un elicottero.

«Quando ho visto che la situazione In mimetica Vitaliy Markiv, 27 anni, l’uomo italoucrai­no accusato di aver comandato la milizia che ha ucciso a colpi di mortaio Andy Rocchelli su supporti informatic­i e in archivi virtuali sulla Rete. Decisiva è stata la testimonia­nza del sopravviss­uto, il reporter francese William Roguelon che si trovava con Rocchelli e Mironov sull’auto che li avrebbe dovuti condurre sul luogo di alcuni bombardame­nti.

I carabinier­i hanno ascoltato anche i giornalist­i Ilaria Morani e Marcello Fauci che erano in contatto con Vitaliy Markiv e che poche ore dopo la morte di Rocchelli realizzaro­no un’intervista poi pubblicata da Corriere.it. Markiv è stato individuat­o in alcuni filmati. Secondo le accuse il 27enne ordinò di colpire il gruppo di Rocchelli credendo si trattasse di filorussi, nonostante tutti fossero in abiti civili e stessero fotografan­do alcuni vagoni abbandonat­i. Oggi Markiv frequenta l’accademia militare ucraina. Spiega la madre intercetta­ta: «Mi ha detto: il comportame­nto dei soldati, dipende sempre da quello del loro comandante».

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