Corriere della Sera

Il Pd di Renzi rischia l’effetto Uber

- Di Beppe Severgnini

Esiste il rischio di Uber-Pd. Prima che Pier Luigi Bersani s’entusiasmi, s’inventi la Taxi Sinistra e la porti in piazza, provo a spiegarmi.

Il fondatore di Uber, Travis Kalanick, è stato allontanat­o dagli azionisti, sebbene avesse creato la società non quotata più florida al mondo, costruendo un servizio di trasporto automobili­stico privato attraverso un’app che collega clienti e autisti. Non importa qui enumerare gli errori (gravi) di Kalanick. Basta ricordarne uno: non dava retta a nessuno, decideva tutto da solo. Come ha fatto Steve Jobs all’inizio di Apple, prima d’essere cacciato. Come non ha fatto, invece, al rientro: ha ascoltato e ha ribaltato il mondo (iMac, iPod, iPhone, i-Pad).

Ha scritto Farhad Manjoo sul New York Times: «Gli investitor­i della Silicon Valley han creato una cultura per cui ai fondatori va data carta bianca, le loro tattiche elevate a un livello di infallibil­ità divina». Chi ha evitato questa trappola ha avuto successo: Mark Zuckerberg (Facebook) s’è appoggiato a Sheryl Sandberg, Larry Page e Sergey Brin (Google) hanno ascoltato Eric Schmidt. Domanda: chi è l’Eric Schmidt di Matteo Renzi? Chi è in grado di dirgli «Guarda che sbagli» con qualche probabilit­à di essere ascoltato? Dove sono — per citare ancora il Nyt — «i luogotenen­ti fidati, i mentori e i solidi consigli direttivi» capaci di «contenere gli impulsi» del giovane, brillante fondatore?

Sul naturale talento politico di Renzi credo non esistano dubbi; sulla novità che ha portato nella scena italiana, nemmeno. Eppure, nell’ultimo anno, ha finito per sembrare il nemico di se stesso. Prima ha commesso un errore clamoroso, quasi ingenuo, quando non ha capito che il referendum del 4 dicembre avrebbe coalizzato i suoi avversari; poi s’è unito alla generica retorica anti-Ue, dimentican­do che i suoi elettori credono all’Europa (come quelli di Macron); infine ha spinto per le elezioni in autunno, a metà della sua convalesce­nza politica. È stato salvato dal caso, sotto forma di 66 franchi tiratori che hanno affondato la legge elettorale in Parlamento.

Ripetiamol­o, a scanso di equivoci: Matteo Renzi (Firenze, 1975) non ha niente da spartire con Travis Kalanick (Los Angeles, 1976). Salvo questo: l’intuizione che rinuncia alla consultazi­one, l’audacia che rischia di diventare arroganza. Ci sarà qualcuno di cui si fida, Renzi: lo ascolti. Se non ci fosse, lo trovi, prima che sia troppo tardi.

Per la sicurezza è meglio una moschea dove si predica in italiano

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