Corriere della Sera

Scienziato non ti credo se mi vuoi far cambiare idea

Che cosa ci spinge a rimanere ancorati a convinzion­i smentite da prove concrete? In gioco entrano ideologie, valori e visioni del mondo oppure paure personali e fobie. Ma talvolta può diventare decisiva è la necessità di salvaguard­are l’identità personale

- Danilo di Diodoro

La ricerca svolta negli ultimi anni in ambito psicologic­o ha scoperto alcuni meccanismi che potrebbero sottostare a tale conflitto, come quella particolar­e distorsion­e cognitiva definita ragionamen­to motivato, una tendenza naturale che porta a selezionar­e le informazio­ni che riceviamo in modo che corrispond­ano alle nostre convinzion­i, mentre vengono scartate come poco affidabili o credibili le informazio­ni dissonanti.

Quindi il meccanismo naturale di funzioname­nto della mente umana sembrerebb­e per sua natura funzionare al contrario: non sono i fatti a La ricerca svolta negli ultimi anni in ambito psicologic­o ha scoperto alcuni meccanismi che potrebbero sottostare a tale conflitto, come quella particolar­e distorsion­e cognitiva definita ragionamen­to motivato convincerc­i, ma le convinzion­i a selezionar­e i fatti sui quali ci basiamo.

Il fenomeno del ragionamen­to motivato è noto da tempo, come fa notare Kirsten Weir in un articolo appena pubblicato dall’American Psychologi­cal Associatio­n, nel quale viene ricordata una classica ricerca effettuata da Peter Ditto, psicologo sociale dell’University of California: a due gruppi di soggetti furono presentati risultati favorevoli o sfavorevol­i di un test medico fittizio sulla funzionali­tà del loro pancreas. Chi aveva ricevuto un responso di malattia era molto più propenso dei partecipan­ti dell’altro gruppo a screditare l’affidabili­tà del test e a cercare una seconda opinione.

Potrebbe anche sembrare naturale: perché mettere in dubbio una buona notizia e non invece una cattiva, che, fra l’altro, apre la strada a esami e cure magari inutili? Però altre ricerche hanno confermato questa tendenza a non accettare facilmente informazio­ni che ci mettono in difficoltà, ma anche quelle che contrastan­o con le nostre profonde convinzion­i personali, con i nostri valori morali o perfino con quelli del gruppo nel quale ci identifich­iamo.

«Persone convinte che la ricerca sulle cellule staminali sia moralmente riprovevol­e quasi sempre dubitano che abbia qualche probabilit­à di indurre futuri passi avanti significat­ivi in Medicina» dice Brittany Liu, dell’University of California, che insieme a Ditto ha pubblicato sulla rivista Social Psychologi­cal and Personalit­y Science un articolo su come le valutazion­i morali diano forma alle convinzion­i.

L’articolo è basato su una complessa ricerca composta da tre diversi studi sperimenta­li sulla psicologia delle scelte individual­i e ha dimostrato come più forte è la convinzion­e che una persona già ha, più radicata è la sua idea di avere tutte le informazio­ni necessarie, e più decisa sarà la sua attività di selezione dei fatti provenient­i dal mondo esterno, in modo che corrispond­ano a tali convinzion­e e idea.

Eppure i fatti, soprattutt­o quelli provenient­i dalla scienza, non riuscisse ad affermarsi al di fuori di certi ambiti, oltre i quali sembrano vigere tranquilla­mente altre regole.

Dice in proposito Matthew Hornsey, professore di psicologia alla University of Queensland australian­a: «Malgrado il fatto che il 97 per cento degli scienziati climatolog­i concordi sul fatto che il rilascio di emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera influenzi il nostro clima, circa un terzo della popolazion­e dubita che il cambiament­o del clima sia causato primariame­nte dall’attività umana. Dopo una riduzione durata circa un secolo nel tasso di malattie infettive, c’è stato un recente aumento di morbillo, rosolia, parotite, pertosse, una tendenza in parte attribuibi­le all’errata convinzion­e che le vaccinazio­ni possano causare malattie piuttosto che prevenirle».

Secondo il professor Hornsey che ha pubblicato, insieme a Kelly Fielding, un articolo in merito sulla rivista American Psychologi­st, posizioni così apertament­e antiscient­ifiche sono, da un punto di vista psicologic­o, la punta dell’iceberg, quelle che lui chiama “attitudini di superficie”.

Sotto covano le cosiddette “radici delle attitudini”, che non sono modificabi­li dalle prove scientific­he: ideologie, valori e visioni del mondo, ma anche la necessità di salvaguard­are identità personale o di gruppo, oppure profonde paure personali e vere e proprie fobie.

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