Le medaglie delle ragazze
Ancora medaglie per le azzurre ai Mondiali di scherma e di nuoto. Le nostre sciabolatrici, Rossella Gregorio, Irene Vecchi, Loreta Gulotta e Martina Criscio, hanno conquistato un oro che mancava dal 2003. , sconfiggendo in finale la Corea del Sud. Simona Quadarella è salita al terzo gradino del podio dei 1.500. Oggi Pellegrini in finale.
Alla maturità scientifica, che lei non ha mai pensato di saltare nonostante l’imminente missione in Ungheria, ha presentato una tesina sul caso e le coincidenze. In quelle pagine scritte tra un allenamento e l’altro non rientrava certo la storia di una medaglia di bronzo vinta a 18 anni, all’esordio mondiale, battuta solo da due campionesse olimpiche, frantumando di 10 secondi il proprio record personale fra lacrime inarrestabili; entusiasmo collettivo; paragoni con Gregorio Paltrinieri; l’investitura come «nuova Filippi»; la responsabilità di doversi sentire la donna che finalmente risveglia un movimento fermo alla Pellegrini; la dichiarata «pelle d’oca» di Novella Calligaris; l’orgoglio di papà Carlo, impiegato di banca e buon nuotatore master, di mamma Marzia, insegnante di inglese, della sorella Erica, ingegnere che nuotava e che è stata il suo primo modello, e degli altri undici famigliari venuti da Roma per vivere questo giorno memorabile.
Non poteva perché quella di Simona Quadarella è invece la classica storia di un’atleta di talento che lavora, investe, soffre e raccoglie. Come diceva Michael Phelps, «il nuoto non è scienza missilistica». Per andare forte bisogna allenarsi, lei lo fa con sedute di 7 km (che cresceranno ora che il liceo è passato) e così niente è casuale nel suo capolavoro. La romana, e tiepidamente romanista, del quartiere Ottavia, lo stesso del sindaco Virginia Raggi, veniva da ori mondiali e europei junior, un quinto posto agli Europei 2016 e il piccolo inciampo della mancata qualificazione ai Giochi di Rio che l’ha for15’50”. tificata e definitivamente svezzata. Ieri, nel giorno dell’esplosione, le sono state davanti solo la marziana Ledecky, a galassie di distanza ma è normale, e poi la spagnola Belmonte, che Simona ha attaccato per 1.000 metri prima di cedere senza però crollare. «Per un attimo ho pensato all’argento, ma quando la spagnola ha attaccato ho preferito tenere la posizione». Manovre e testa da veterana. Del resto, dice la ragazza mentre festeggia con la famiglia davanti al tramonto sul Danubio, «se sei a un Mondiale non devi tremare, anche se l’altra notte ero tesissima e mi sono addormentata all’una...».
Appena uscita di vasca Simona è scoppiata in un pianto lunghissimo. Alla tv non riusciva a parlare, ripeteva «non ci credo» e raccontava che «pensava di sognare». Era l’emozione del momento, che non cancella quello che lei è davvero. «Una testarda, una determinata, una che ci crede sempre», la descrive il tecnico che da sette anni l’allena all’Aniene (è tesserata anche per le Fiamme Rosse), l’ex mezzofondista con medaglie mondiali ed europee Christian Minotti. Un suo aneddoto è esemplare: «Preparando la gara le avevo detto: occhio che un paio di loro hanno dei personali da
Romana come la Filippi «Forse mi sto avvicinando a lei, sarebbe bellissimo»
Lei mi ha risposto: perché, io non ci posso riuscire?». E infatti è passata da 16’03”35 a 15’53”86. Un infinito. «Come ho fatto? Andando forte!».
Ora quando le citano Alessia Filippi che detiene lo storico record con supercostume (15’44”93), Simona non si nasconde: «Forse mi sto avvicinando a lei. Sarebbe bellissimo ripercorrerne le gesta». Quando le parlano di Paltrinieri si illumina: «Magari facessi come lui un giorno! Anche se io in mare non voglio gareggiare: se non vedo il fondo ho paura». E quando le si chiede quale sia la sua dote migliore ci pensa su un attimo e poi dice convinta: «La costanza. In vasca e nella vita«. Noi aggiungiamo il sorriso: è pieno di futuro.