Johnny lo zingaro Così è finita la fuga
Alle 15 di ieri si è affacciato alla finestra dell’appartamento che aveva scelto come rifugio insieme alla donna che ormai amava da anni. Era il tassello mancante a un’indagine che in meno di un mese ha consentito di catturare «Johnny lo zingaro», l’ergastolano di 57 anni latitante dopo essere uscito in permesso premio il 30 giugno scorso, e la sua compagna Giovanna Truzzi. La conferma che la casa individuata una settimana fa a Taverne D’Arbia in provincia di Siena e da allora tenuta costantemente sotto controllo, fosse quella giusta. In mattinata un agente — che quando «Johnny lo zingaro» non era rientrato nella prigione di Fossano, in Piemonte, dopo essere uscito come ogni giorno per andare al lavoro presso la scuola di polizia penitenziaria di Cairo Montenotte. Termina la caccia a un pericoloso latitante che già in passato — dopo essere evaso o aver ottenuto permessi per buona condotta — aveva compiuto rapine e sequestri di persona. La prima traccia la fornisce un tassista di 48 anni che racconta di averlo caricato alle 9 di quella mattina e averlo portato fino alla stazione di Genova Brignole: «Non sembrava proprio un delinquente, anzi era un signore molto educato, dai modi gentili. Ci siamo accordati sul prezzo della corsa e siamo andati». Mastini gli consegna circa 400 euro e poi sale su un treno. La polizia ricostruisce il viaggio grazie al ricordo di alcuni testimoni e scopre che è arrivato a Viareggio. Gli investigatori sanno già che da tempo «Johnny lo zingaro» ha una relazione con la Truzzi grazie alle telefonate degli ultimi mesi, diventate più frequenti da quando lei è agli arresti domiciliari in una casa a Pietrasanta. Effettuano verifiche sulla donna e scoprono che in realtà anche lei si è resa irreperibile. L’analisi dei tabulati telefonici dimostra che lo ha raggiunto poche ore dopo l’evasione.
Telefoni e telecamere
Si decide così di mettere sotto controllo le utenze dei familiari della Truzzi. L’analisi dei tabulati svela che ci sono numerosi contatti, ma i telefoni utilizzati sono sempre diversi. Il filo diretto è comunque con la sorella di lei che evidentemente fornisce a entrambi la possibilità di avere un posto dove nascondersi. L’itinerario dei due fuggiaschi viene disegnato proprio grazie alle celle telefoniche agganciate nel corso di questi 25 giorni. Fino a quando si comprende che sono ormai arrivati a destinazione. Il «covo» è in un’enorme caseggiato di Taverne D’Arbia. Gli specialisti dello Sco lo individuano e piazzano numerose telecamere proprio per scoprire quale sia l’appartamento giusto. Non si può dare nell’occhio, non si deve in alcun modo sbagliare. La presenza della donna appare Pluricondannato Johnny lo zingaro durante un processo a Roma negli anni Ottanta. Oltre a diverse rapine, sono tre gli omicidi per cui è stato riconosciuto colpevole. Il «biondino», un altro dei soprannomi di Giuseppe Mastini, dopo un’evasione nel 1987, impegnò le forze dell’ordine in una estenuante e lunghissima caccia all’uomo, caratterizzata da furti d’auto, il sequestro di una ragazza, l’omicidio di una guardia giurata, Michele Giraldi, e il ferimento di un brigadiere dei carabinieri, Bruno Nolfi quasi scontata, ma bisogna avere la certezza che anche Mastini sia con lei. Fino a quel momento non ci sarà alcuna irruzione proprio per non «bruciare» la pista.
Il materasso per due
La svolta arriva una settimana fa, quando da uno dei telefoni sotto controllo parte un ordinativo per avere al più presto un materasso matrimoniale. La chiamata viene intercettata e la polizia individua la ditta che deve effettuare la consegna. Si decide così di sostituire uno dei due corrieri con un agente specializzato che possa finalmente entrare nell’appartamento e fornire le indicazioni precise per il blitz, oltre naturalmente alla conferma che i due latitanti siano in casa. Ieri mattina due uomini bussano alla porta dell’abitazione intestata alla sorella della Truzzi e dicono di dover lasciare il materasso. È la stessa Truzzi ad accoglierli. Non c’è invece alcuna certezza che con lei ci sia anche Mastini e dunque si stabilisce di attendere ancora, proprio per evitare di metterlo in allarme. Appostati ci sono più di cinquanta uomini, oltre agli agenti della polizia penitenziaria che hanno partecipato a questi 25 giorni di ricerche.
Il viso dietro il vetro
Dopo pranzo accade quello che si aspettava da giorni. È un’apparizione fugace, ma basta per dare il via libera all’irruzione. Quando la telecamera cattura il volto di un uomo dietro il vetro, alla polizia Scientifica basta pochissimo tempo per fornire la conferma definitiva: «È lui». È proprio Mastini, arrestato da ragazzo per aver ucciso un tranviere, evaso due volte da Casal del Marmo e da Pianosa, catturato nuovamente nell’estate del 1983 dopo una sparatoria con la polizia. È quel Mastini che nel 1987 dopo aver ottenuto una licenza premio rubò diverse auto, rapinò benzinai, sequestrò la giovane Silvia Leonardi e infine sparò contro una pattuglia di agenti, uccidendo Giraldi e ferendo il brigadiere dei carabinieri, Bruno Nolfi. Fu condannato all’ergastolo. Un anno fa aveva ottenuto di lavorare fuori dal carcere. Ieri sera ci è tornato senza la speranza di poter mai più lasciare la cella.