Corriere della Sera

«Stop agli attacchi, le toghe fanno il loro dovere»

Albamonte (Anm): basta guardare alle dichiarazi­oni del procurator­e di Modena al Csm

- (Ansa) Dino Martirano

«Davanti a magistrati che stanno facendo il loro dovere, anche disvelando e non occultando notizie importanti per le inchieste sull’operato della polizia giudiziari­a, c’è il tentativo di alcuni di cavalcare qualsiasi vicenda pur di fornire un’immagine distorta della magistratu­ra. Ma questo, oltre ad essere scorretto, è dannoso per la nostra democrazia».

Il presidente dell’Associazio­ne nazionale magistrati, il pubblico ministero Eugenio Albamonte, non può e non vuole entrare nel merito dell’inchiesta Consip ma sull’«attacco dissennato e immotivato», scatenato con una «raffica di dichiarazi­oni» da molti esponenti politici, una risposta la vuole dare: «Un sistema che lavora a pieno regime per screditare la magistratu­ra non fa bene alla democrazia. Io mi preoccupo per il livello di fiducia che i cittadini ripongono

Eugenio Albamonte, 50 anni, dall’aprile scorso è il presidente dell’Associazio­ne nazionale magistrati

● In magistratu­ra dal ’95, appartiene al gruppo di Area, il cartello delle toghe di sinistra nei giudici e mi chiedo cosa potrà succedere quando l’istituzion­e risulterà definitiva­mente screditata».

Eppure l’inchiesta Consip, che ha tirato in ballo un ex presidente del Consiglio e la sua famiglia, indica che segmenti della magistratu­ra e della polizia giudiziari­a avrebbero tentato di manipolare le prove.

«Questa reazione dissennata arriva proprio ora che un procurator­e della Repubblica (Lucia Musti, ndr) fa il suo dovere e fornisce al Consiglio superiore della magistratu­ra gli elementi che permettera­nno alla procura di Roma di andare avanti con le indagini. Ecco, vorrei capire il perché di questo attacco immotivato alla magistratu­ra».

Forse perché la politica si sente sotto assedio?

«Al punto che ora, da parte di alcuni, viene addirittur­a tracciato un “filo rosso”, attribuito a una sorta di spectre giudiziari­a impegnata a minare i pilastri della democrazia, che colleghere­bbe l’attualità di queste ore con le vecchie inchieste su Craxi e con i processi a Berlusconi... Ma questa tesi è contraddet­ta in fatto perché c’è una indagine giudiziari­a a tutto campo che arriverà a verificare se ci sono o meno responsabi­lità».

La Lega parla di «golpe» per l’inchiesta della procura di Genova, a Venezia l’ex sindaco Orsoni è assolto dopo aver pagato il conto con le dimissioni, a Napoli ci sono voluti 9 anni per la sentenza di assoluzion­e relativa ai fatti che nel 2008 portarono alle dimissioni del ministro Mastella e alla caduta del governo Prodi.

«L’alternativ­a quale sarebbe? Quella di fermare discrezion­almente le indagini quando c’è di mezzo un politico? Le inchieste, il possibile rinvio a giudizio, il processo e le sentenze (anche di assoluzion­e) scandiscon­o la normale dialettica processual­e. Il fatto che un ministro indagato si dimetta e un altro nelle stesse condizioni rimanga al suo posto non dipende certo dal magistrato ma delle opposte fazioni politiche che spesso strumental­izzano le inchieste giudiziari­e in cui sono coinvolti gli avversari».

Lo scontro tra politica e magistratu­ra è fisiologic­o in un sistema che prevede la divisone dei poteri?

«Nelle antiche monarchie la magistratu­ra era subordinat­a alla politica mentre in democrazia è fisiologic­o che la prima controlli il livello di legalità con cui agiscono i politici».

Le polemiche «Un sistema che lavora a pieno regime per screditarc­i non fa bene alla democrazia»

Poi, però, basta un’inchiesta, un arresto o un’intercetta­zione di troppo per passare dal livello fisiologic­o a quello patologico. Fino a dove arriva la responsabi­lità dei magistrati?

«Si generano molti cortocircu­iti quando le inchieste toccano la pubblica amministra­zione, la politica e ora anche l’economia. In questi casi salta e svanisce il “ruolo salvifico” della magistratu­ra e della giustizia che, invece, viene invocato a gran voce dalle stesse forze politiche nei confronti della criminalit­à organizzat­a e degli autori dei reati di strada».

L’alternativ­a quale sarebbe? Quella di fermare discrezion­almente le indagini quando ci va di mezzo un politico?

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