«Così ho ucciso Noemi Abbiamo fatto l’amore poi l’ho colpita alla testa»
«Passata la settimana del Tso, convinsi mio padre e mia madre che l’avrei eliminata dalla mia testa (si riferisce a Noemi, ndr) e così non fu. Io la amo ancora e non la tradirò mai, per poter tenermela stretta e più in là sposarmela».
Si conclude così una lunga lettera scritta da L. (il fidanzato 17enne arrestato con l’accusa di avere ucciso Noemi) e trovata dagli investigatori in una pen drive. È datata 30 agosto. Dopo tre giorni L. l’ha uccisa e lui l’ha confessato così: «Quella notte ci siamo incontrati perché mi aveva nuovamente chiesto di far fuori i miei genitori. Aveva un coltello, credo da cucina... Dopo averglielo tolto, l’ho colpita alla testa e poi con alcuni sassi. Con il coltello una sola volta perché la lama si è spezzata e il manico mi è rimasto in mano… Prima avevamo avuto un rapporto sessuale».
Al di là del movente e delle modalità del delitto, sui quali gli inquirenti hanno molte perplessità, restano i fatti: da una parte una lettera d’amore, dall’altra un delitto. Entrambi firmati da questo diciassettenne che ieri, su consiglio dei suoi difensori, ha deciso di non aggiungere altro davanti al gip del Tribunale per i minorenni di Lecce. L’avvocato Luigi Rella ha chiesto per lui una perizia psichiatrica per stabilire la capacità di intendere e di volere al momento dell’omicidio. Ma il pm non crede né all’incapacità né al delitto d’impeto: «Condotta violenta, crudele e premeditata tenuta da L. nelle prime ore del 3 settembre», ha scritto nel decreto di fermo. Rimangono dei dubbi sul perché L. abbia ucciso e, soprattutto, sul ruolo di suo padre, indagato per concorso in occultamento di cadavere «solo per una questione tecnica, cioè per poter eseguire alcune perquisizioni», ha aggiunto ieri un investigatore.
E rimane questa strana lettera, nella quale L. ripercorre l’ultimo tormentato anno, con Noemi e con il padre. «Un giorno andai con il mio migliore amico alla villetta del paese per incontrare gli altri amici e vidi una ragazza di nome Noemi che mi piaceva già da un bel po’ e feci di tutto per rimorchiarla… Dopo 30 giorni stavamo insieme e iniziarono guai seri con mio padre e mia madre che mi portarono all’esaurimento nervoso. Una sera furono così tante le lamentele da parte dei miei che io mi ribellai scatenando tutta la rabbia che avevo verso di loro…». E lì volarono le «manate» e ci fu il primo Tso. «Lei mi dava la forza per scappare da mio padre… Con Noemi però litigavo spesso e io soffrivo talmente tanto che mi rinchiusero a Casarano». Altro Tso. E un altro ancora lo scorso 21 luglio, dopo nove birre bevute in una sera e un crollo «etilico». Poi venne il giorno del delitto, i tentativi di depistaggio e la consegna. «E lui lo chiamava
Condotta crudele «Condotta violenta, crudele e premeditata» scrive il pm nel decreto di fermo del 17enne
amore», ha sospirato ieri sera Umberto Durini, il padre di Noemi, passandosi una mano sulla testa. «Poco prima della scomparsa — ha ricordato sua moglie Imma — mia figlia mi aveva detto “mamma io parto, mi prendo il diploma e aiuterò le persone in difficoltà”». Nel ragazzo pare sia spuntato un barlume di pentimento: «Ho sbagliato — avrebbe detto — potevo uccidermi e avrei evitato questo casino».